lunedì 4 marzo 2013

Ai margini del crepuscolarismo

Prima di tutto intendo precisare che il titolo di questo post non è riferito ad una poesia marginale, ma intende porre in risalto il fatto che, oltre ai poeti inseriti nella corrente poetica definita crepuscolarismo, ci furono tanti altri autori di versi, contemporanei e non rispetto a questi ultimi, i quali subirono chiaramente l'influsso del crepuscolarismo, e ciò riguarda sia grandi nomi che piccoli. Ora, prima di analizzare più in profondità questo concetto, è bene chiarire quali siano stati i "luoghi" e i "pensieri" che caratterizzarono le poesie dei crepuscolari, per questo ho estratto un frammento molto eloquente dal volume "Antologia della letteratura italiana" di Mario Pazzaglia:
"La poesia crepuscolare vive in un'atmosfera, appunto, di crepuscolo: ha toni smorzati, un linguaggio volutamente dimesso, canta cose umili e banali. Ha un suo paesaggio caratteristico, continuamente rievocato: lo squallore dei solitari pomeriggi domenicali, organetti di Barberia che suonano nelle vie deserte, piccoli interni domestici, corsie d'ospedale, pallide e scialbe amanti provinciali. E tutto è avvolto da un silenzio scorato, da un sentore d'autunno e di rinuncia, di rimpianto per ciò che non è stato, e soprattutto da un senso di morte imminente, o meglio da un sentirsi morire un poco ogni giorno, che riflette un'avvertita incapacità di vivere".
Chiarito questo e chiarito che qui non s'intende parlare dei poeti a tutti gli effetti crepuscolari¹ ma di coloro che più o meno marcatamente attraversarono il crepuscolarismo, si potrebbe cominciare parlando di Arturo Onofri (1885-1928), poeta romano che è noto soprattutto per i suoi versi della maturità ("Terrestrità del sole" e "Vincere il drago!" tra le opere più famose) che per certi versi anticipano l'ermetismo; ma esiste anche l'Onofri della gioventù, che pubblicò libri come "Poemi tragici" (1908) e soprattutto "Canti delle oasi" (1909) dove emerge la netta vicinanza con la poetica crepuscolare, a comprova si leggano questi versi:


...
Ritorneremo buoni come alla nostra infanzia,
e se vicino al fuoco, anche, mi bacerai,
noi più non penseremo se in questa vecchia stanza
un tempo ci baciavamo, né se altra volta ci amammo.
Ora, senza rimorsi ed anche senza amarezza
languisci all'umile ombra della triste mia dolcezza,
come un dì sotto il salice in riva al lago...
Tu piangi? Gli occhi hai arsi dal lavorìo dell'ago...
Oh, guarda fra le lacrime la nostra bianca e vecchia
gatta che presso al fuoco freddolosa sonnecchia!
Piangi, piangi!: non ho per noi altra speranza
che di vivere ancora in questa nuda stanza.
...

(Da "Poemi del sole, XIX" in "Canti delle oasi")
 


Umberto Saba comiciava a farsi conoscere quando ormai i poeti crepuscolari avevano gi
à esaurito la loro vena poetica, la sua vicinanza con essi fu notata, tra gli altri, anche da Scipio Saltaper, a testimonianza del fatto che in effetti tale vicinanza ci fosse, trascrivo alcuni versi scritti dal poeta triestino nel 1906:

Piove sui campi e i colli. Era l'estate
ieri, la bella e grande estate. Ed ecco:
ha mutato stagione all'improvviso.
È pianto quel che fu ieri sorriso
del mondo. In cielo ininterrotte lente
vanno le nubi, dicono: l'estate,
una gioia è finita.
«Dove andò la tua vita,
con tutte le sue pene,
con la grazia arridente,
con le ore serene?
Antichissima oscura
la città dalle lunghe erte ti appare.
All'orizzonte un mare
trema d'acque, o trema agli occhi il pianto?
S'io giungessi, se accanto
io ti giungessi, non più atteso!» Ieri
era la bella estate, oggi diversa
delle cose è l'immagine. E i pensieri
vanno ai soli nel mondo, ai prigionieri,
ai marinai nostalgici, all'avversa
fortuna. È autunno. E il cor pur lo sente.

("Autunno" in "Il Canzoniere")
 


Anche Camillo Sbarbaro, poeta ligure che si inserì nell'ambiente degli intellettuali vociani e che è ritenuto, insieme a Eugenio Montale, uno dei migliori rappresentanti di quella "linea ligure" con cui si intese riunire molti poeti nati in Liguria di generazioni diverse che comunque nei loro versi presentavano alcuni aspetti in comune, anch'egli dimostrò almeno una simpatia per la poesia dei crepuscolari, principalmente nella sua raccolta più importante: "Pianissimo" (1914), dove si leggono questi versi:


Taci, anima mia. Son questi i giorni
tetri che per inerzia si dura,
i giorni che nessuna attesa illude.
Come l'albero ignudo a mezzo inverno
che s'attedia nell'ombra della corte,
non m'aspetto di mettere più foglie
e dubito d'averle messe mai.
...
Non sono che uno specchio rassegnato.
In me stesso non guardo perchè nulla
vi troverei...
E, venuta la sera, nel mio letto
mi stendo lungo come in una bara.

(Da "Pianissimo")
 


Diego Valeri
è un altro di quei poeti che, pur non essendo ritenuti crepuscolari, molto debbono a costoro, in quanto la loro poesia spesso palesa somiglianze sia per quel che concerne i temi trattati che per le atmosfere evocate. Ecco alcuni esempi tratti dalle raccolte "Le gaie tristezze" (1913), "Umana" (1916) e "Crisalide" (1919):
...
- Piccole care cose, mie compagne
umili e buone dei passati dì,
in questa notte fredda, in questa nuda
camera triste, fate ch'io vi scordi,
più non mi fate piangere così.

(Da "Notturno" in "Le gaie tristezze")
 

Vagabondi organetti di Novara
che umilmente per il mondo andate
effondendo in mazurche rassegnate
la vostra tremebonda anima ignara,
Io cantare vorrei, con umilitate
pari alla vostra, la dolcezza lene
che all'uomo oppresso dalle molte pene
con le musiche vostre dispensate.
...
Ecco: e il segreto affanno non
è piùche un gusto di domeniche svanite,
che un sentore di mammole appassite,
che un nostalgico amor di ciò che fu.
...

(Da "Organetti" in "Umana")
 

Bianco dorato mattino, di quanta tristezza sei grave,
tu che sorridi, come un malato al suo tremendo destino,
e una lacrima d'astro hai sul ciglio, e piangi col pianto dell'ave!...
Come somigli alla sera, tu, bianco dorato mattino!
E voi, cupe soavi viole, occhi bruciati di passione,
voi, stelle d'ombra profonda nell'erba chiara e sottile,
come sapete di disperazione,
come sapete d'autunno, voi, primi fiori d'aprile!...
...

(Da "Preghiera primaverile" in "Crisalide")
 


Vi sono poi altri poeti che pi
ù o meno nacquero tra il 1885 ed il 1895 e che non ebbero grande fortuna, anche se si conquistarono, ai loro tempi, un breve periodo di notorietà, pure questi chiaramente suggestionati dai crepuscolari; uno di essi è Francesco Cazzamini Mussi, dalla sua raccolta "Le allee solitarie" (1920) ecco alcuni versi dimostrativi:

Avanti, o banditore,
o Cuore, o Cuore,
facciamo l'inventario.
"Amor - Fede - Speranza..."
C'è qualcosa che avanza?
"Amor - Fede - Speranza..."
Nessuno compra o cede,
nessuno più ci crede?
Si prosegua l'incanto!
E tu, Gioja, o perduta
Gioja,
ove sei col tuo vario
sorriso, prostituta?
Facciamo l'inventario.
Tutto si ruppe tra le nostre dita...
Di chi la colpa? Mia? No, della vita.
Tutto si ruppe tra le nostre dita...
...

(Da "Incanto" in "Le allee solitarie")
 


Nicola Moscardelli fu poeta precoce che proprio ai suoi esordi ottenne discreto successo grazie anche alle poesie d'isprazione crepuscolare contenute in "Abbeveratoio"(1914), da cui estraggo questo passo:


Le rose convalescenti
agonizzano nelle tombe di vetri
nei salotti delle case borghesi
al suono di una vecchia romanza
nei pomeriggi di mosconi e di sole.
La notte allunga il suo corpo ignudo
su le cattedrali slanciate verso il cielo
per le vie che si sfiancano
sui balconi nostalgici che serrano
ancora qualche profumo
dell'ultimo tramonto
pronti a raccogliere le stelle del cielo
che sonnolente precipitano.
...

(Da "Macchie" in "Abbeveratoio")
 


Di Sandro Baganzani propongo parte di una poesia inclusa in "Arie paesane" (1920), l'opera che gli diede grande notoriet
à:

Questa giornata domenicale che gronda
malinconia di lumi nel canale morto
dopo il chiasso delle campane,
le grida dei venditori ambulanti,
il piffero che fa ballare gli amanti sul piazzale,
è come un lento male
che si attacca ai distanti,
il male della domenica.
...
Decadenza!
Nella camera immensa
piangere su di un romanzo:
come se i gialli cartocci delle foglie
che riempiono i viali
mi portino via qualchecosa
di molto caro,
che non so bene in fondo cosa sia:
e forse è l'ombra della tua veste
che dilegua,
forse è il profumo
del tuo seno di bambina
sotto la batista e la mussolina,
forse è la dolcezza delle parole
che ci scrivemmo un giorno
che non ci diremo più.
...

(Da "La mia triste vita" in "Arie paesane")
 


Ugo Betti prima di dedicarsi, con successo, al teatro, pubblic
ò alcuni volumi di versi, il primo dei quali s'intitola "Il Re pensieroso" (1922), dal quale ecco un frammento dal sapore crepuscolare:

...
Dove sono tutte le mie canzoni?
Erano doni
di cristallo e d'oro
per te, bambina!
Sono svaniti nella tua manina
come il tesoro d'una fiaba,
poveri miei doni!
E così piangi!
Ma so che tu perdoni...
Tu sei buona! Sapevi le parole
che addormentano il male...
E cullavi questi miei sogni...
Con le manine timide
mi coprivi gli occhi insonni
come per pietà!
Come una mamma, che vuol consolare
una pena misteriosa, e non sa.

(Da "Congedo" in "Il Re pensieroso")
 


Ecco infine qualcosa riguardante Augusto Garsia, la cui stella brill
ò per poco tempo, questi versi appartengono a "Opposte voci" (1921).

Mattina grigia, smorta
malinconia diffusa
che doni all'aria un volto
di triste pace assorta,
mattina grigia, molto
già stanca e già delusa,
che pur rassegnata
a sospingere innanzi
la novella giornata,
l'anima mia randagia
per una lunga notte
di sconforti, di lotte
e di speranze vane,
inerte in sé s'adagia,
inerte in te rimane.

("Mattina grigia" in "Opposte voci")
 


Anche dopo pi
ù di un decennio dalla fine del crepuscolarismo, non scompaiono suggestioni e imitazioni della corrente poetica primonovecentesca; in una antologia che ebbe larga fama, intitolata "Poeti Novecento", uscita nel 1928, che si proponeva di far emergere alcuni poeti di talento possibilmente giovani e praticamente sconosciuti, la poesia crepuscolare la fa da padrone, segno evidente che Corazzini, Gozzano e gli altri erano ancora il punto di riferimento principale per chi allora si dedicava alla scrittura di versi. Da quell'antologia voglio riproporre alcuni versi di due poeti in particolare, i quali, almeno stando alla data di nascita, certo non potevano essere considerati giovani, ma che comunque furono considerati emergenti; il primo è Carlo Kutufà, che in una lunga poesia scrive anche:
...
Ancor mi vedo l'umile impiegato
d'ieri, seduto in faccia allo sportello
d'un ufficio qualunque dello Stato.
Quella specie di lurido budello,
appestato da i fiati d'otto o nove,
con me, prostituiti del cervello,
oggi s'industria con sembianze nuove
d'accivettarmi, come le bagasce
fanno col merlo ch'è alle prime prove.
E a ridere mi forza. E come nasce
dal riso il pianto (e piansi, io lo confesso,
quando mi prese fra le sue ganasce),
mestamente rievoco me stesso
d'allora, meno scettico e più buono,
che i romani traducono più fesso.
...

(Da "Poeti Novecento")
 


L'altro poeta
è Attilio Canilli, del quale riporto qualche strofa della poesia "Orfanelle":

Nel cortile, dal cielo esangue
piove una luce avvelenata
che scolorisce le cose.
(Oh, ma quante quante rose,
rose rosse di sangue!)
E le tre bimbe giocano
con le loro bambole morte,
senza un grido, un gesto, una voce.
(Nemmeno la voce più fioca
in questo morto fiume senza luce!)
Dagli occhi azzurri, dagli occhi neri
goccia una lagrima, ancora,
che non cade, ma brilla.
(Oh, le fiamme dei ceri
oscillano oscillano oscillano!)
...

(Da "Poeti Novecento")
 


Chiudo con due premi Nobel della letteratura: Eugenio Montale e Salvatore Quasimodo che mi sembra superfluo presentare. Del primo riporto una parte di un componimento poetico della giovent
ù, ritrovato grazie ad un manoscritto datato 1919:

Vieni qui, facciamo una poesia
che non sappia di nulla
e dica tutto lo stesso,
e sia come un rigagnolo di suoni
stentati
che si perde tra le sabbie
e vi muore con un gorgoglio sommesso;
facciamo una suonatina di pianoforte
alla Maurizio Ravel,
una musichetta incoerente
ma senza complicazioni,
che tanto credi proprio
a grattare nel fondo non c’e’ senso;
facciamo qualcosa di "genere leggero.

(Da "Sonatina di pianoforte" in "Tutte le poesie")
 


Di Quasimodo invece ecco una poesia che fa parte del suo volume d'esordio: "Acque e terre" (1930):


Io sono forse un fanciullo
che ha paura dei morti,
ma che la morte chiama
perche' lo sciolga da tutte le creature:
i bambini, l'albero, gli insetti;
da ogni cosa che ha cuore di tristezza.
Perche' non ha piu doni
e le strade son buie,
e piu non c'e' nessuno
che sappia farlo piangere
vicino a te, Signore.

("Nessuno" in "Tutte le poesie")
 


Note
1) I poeti che rientrano a pieno titolo nel crepuscolarismo sono: Guido Gozzano, Sergio Corazzini, Corrado Govoni, Fausto Maria Martini, Marino Moretti, Carlo Chiaves, Aldo Palazzeschi, Carlo Vallini, Giulio Gianelli, Nino Oxilia, Guelfo Civinini, Tito Marrone, Umberto Bottone, Remo Mannoni; a questi andrebbero aggiunti alcuni poeti che fecero parte di cenacoli romani nei primissimi anni del XX secolo e che avevano come punto di riferimento principale la figura di Sergio Corazzini.

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