lunedì 4 marzo 2013

Da "Vino e pane" di Ignazio Silone

«Si vive nel provvisorio» disse. «Si pensa che per ora la vita va male, per ora bisogna arrangiarsi, per ora bisogna anche umiliarsi, ma che tutto ciò è provvisorio. La vera vita comincerà un giorno. Ci prepariamo a morire col rimpianto di non aver vissuto. A volte quest'idea mi ossessiona: si vive una sola volta e quest'unica volta si vive nel provvisorio, nella vana attesa del giorno in cui dovrebbe cominciare la vera vita. Così passa l'esistenza. Di quelli che conosco, t'assicuro, nessuno vive nel presente. Nessuno mette nel suo attivo quello che fa ogni giorno. Nessuno è in condizione di dire: "Da allora, da quella data occasionale, è cominciata la mia vita". Anche quelli che hanno il potere e ne sfruttano i vantaggi, credi a me, vivono d'intrighi e paure, e sono pieni di disgusto verso la stupidità dominante. Anch'essi vivono nel provvisorio, in attesa». «Non bisogna aspettare» disse Pietro. «Anche nell'emigrazione si vive in attesa. Questo è il male. Bisogna agire. Bisogna dire: Basta, da oggi».
«Ma se non c'è libertà?» disse Nunzio.
«La libertà non è una cosa che si possa ricevere in regalo» disse Pietro. «Si può vivere anche in paese di dittatura ed essere libero, a una semplice condizione, basta lottare contro la dittatura. L'uomo che pensa con la propria testa e conserva il suo cuore incorrotto, è libero. L'uomo che lotta per ciò che egli ritiene giusto, è libero. Per contro, si può vivere nel paese più democratico della terra, ma se si è interiormente pigri, ottusi, servili, non si è liberi; malgrado l'assenza di ogni coercizione violenta, si è schiavi. Questo è il male, non bisogna implorare la propria libertà dagli altri. La libertà bisogna prendersela, ognuno la porzione che può».

(da "Vino e pane" di Ignazio Silone, Mondadori, Milano 1976)

Ignazio Silone



Questo frammento è tratto da uno dei romanzi più famosi di Ignazio Silone (pseud. di Secondo Tranquilli, Pescina 1900 – Ginevra 1978). Volendo aggiungere qualcosa della biografia dell’autore, ricordo che Silone fu impegnato politicamente fin da giovanissimo (a ventuno anni fu tra i fondatori del Partito Comunista Italiano); nel 1930, allontanatosi dalla fede politica giovanile, fu costretto a trasferirsi in Svizzera, dove cominciò a pubblicare dei romanzi in terra elvetica; soltanto nel secondo dopoguerra, quando lo scrittore tornò in Italia, alcune sue opere letterarie come Fontamara , uscirono in edizione italiana. Vino e pane fu pubblicato per la prima volta col titolo Pane e vino a Zurigo, nel 1937; fu quindi stampato dalla Mondadori di Milano nel 1955.

Nel frammento che ho trascritto, si possono leggere alcuni pensieri riguardanti la concezione della vita e della libertà. È sostanzialmente una discussione tra due personaggi del romanzo: Piero e Nunzio, in cui si sottolineano gli errori di tante persone che, invece di vivere il presente, sono in perenne attesa di un futuro migliore che non giungerà mai. Nella seconda parte, invece, si parla di libertà individuale, e di come si possa essere liberi anche se si vive  in una nazione dove domina una dittatura: è tutta questione di mentalità e di coraggio; alla stessa maniera, ma a parti invertite, un individuo apatico, stupido e servile, è incapace di trovare la propria libertà anche se vive in un paese dove vige la democrazia.


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