giovedì 2 gennaio 2014

L'Epifania in 10 poesie di 10 poeti italiani del XX secolo

Nelle seguenti poesie si parla di Epifania, ovvero della festa che cade il 6 di gennaio e che celebra l'arrivo dei leggendari Re Magi nel luogo ove nacque Gesù e dove i Re recarono in dono al bambinello oro, incenso e mirra. Ma l'Epifania si festeggia anche per un altro motivo: l'arrivo nelle case dove abitano dei bambini della cosiddetta Befana: una vecchia brutta e malvestita che viene da paesi lontani viaggiando sopra una magica scopa volante e ogni anno, nelle prime ore notturne del sesto giorno di gennaio, ha l'abitudine di visitare le dimore dei più piccini e di lasciargli in dono qualcosa (giocattoli, dolci o cose simili). I versi qui presenti sono, per la maggior parte, dedicati a questo favolistico personaggio che, specie nella città di Roma, vanta ancora molti ammiratori.



ALLA BEFANA
di Sandro Baganzani (1889-1950)

Befana sicuro con lo scialle di lana
e la cuffia
a cavallo di un raggio di luna
arrivi dalla Mecca
arrivi forse da più distante,
dal paese dove le piante
sono cariche sempre di verzura
dentro i giocondi orti,
per portare i tuoi doni
ai fanciulli più buoni.
A me, cosa mi porti?
Giocattoli strani, dorate delizie,
datteri, dolci è il tuo carico.
Per i camini versi
le ceste ricolme,
ricolmi le calze
sospese sul davanzale.
Hai le ale per volare dove vuoi.
Ma se puoi
fammi ancora camminare
in letizia tranquilla
lungo le campestri vie,
ch'io mi commuova, se squilla
un richiamo di avemarie:
ch'io pieghi i ginocchi davanti
il dolcissimo riso
di Colei che non mente.
Ch'io ami le viole selvatiche
la tristezza dei tramonti,
l'odore paesano
delle corti sui miei monti.
E così,
fortemente amando
invecchiare fammi,
ma accanto ch'io senta
all'unisono il cuore palpitare
di colei che è eternamente giovine.

Befana,
che arrivi dalla Mecca
arrivi forse da più distante,
sai bene come si chiama
la mia «Non conosciuta amante»!

(Da "Senzanome", Mondadori, Milano 1924)




RACCONTINO PER IL 5 GENNAIO
di Gherardo Del Colle (1920-1978)

A sera, terminate le preghiere
della vigilia dell'Epifania,
il nonno favoleggia al nipotino
persuadendolo al sonno: "Se profondo
sarà il tuo sonno fino a domattina,
anche qui - anche qui
alla nostra casina -
sosteranno nel cuore della notte
i tre Magi d'Oriente che ogni anno
di questi dì
si mettono in cammino per il mondo
ricercando Gesù....".
Il nipotino
non piagnucola più. Dorme. E già sogna
i tre Magi d'Oriente sopra enormi
cammelli; e un agitarsi di mantelli
e di vessilli e di cimieri: frotte
di cavalieri ed uno stuolo immenso
di servitù con mobili ed anella
tempestate di gemme; ed una stella
che riluce lassù: la bella stella
che riporta a Betlemme
i buoni Magi e i loro buoni doni 
d'oro
e di mirra e d'incenso per Gesù...
E continua a dormire il nipotino,
e continua a sognare. Ed il nonnino
ricolma via via
di lucenti regali
le scarpettine esposte ai davanzali
nella vigilia dell'Epifania.

(Da "Il fresco presagio. Poesie 1937-77", De Ferrari, Genova 2008)




EPIFANIA
di Mario Luzi (1914-2005)

Notte, la notte d’ansia e di vertigine 
quando nel vento a fiotti interstellare, 
acre, il tempo finito sgrana i germi 
del nuovo, dell’intatto, e a te che vai 
persona semiviva tra due gorghi 
tra passato e avvenire giunge al cuore 
la freccia dell’anno... e all’improvviso 
la fiamma della vita vacilla nella mente. 
Chi spinge muli su per la montagna 
tra le schegge di pietra e le cataste 
si turba per un fremito che sente 
ch’è un fremito di morte e di speranza.

In una notte come questa, 
in una notte come questa l’anima, 
mia compagna fedele inavvertita 
nelle ore medie 
nei giorni interni grigi delle annate, 
levatasi fiutò la notte tumida 
di semi che morivano, di grani 
che scoppiavano, ravvisò stupita 
i fuochi in lontananza dei bivacchi 
più vividi che astri. Disse: è l’ora. 
Ci mettemmo in cammino a passo rapido, 
per via ci unimmo a gente strana.

                                  Ed ecco 
Il convoglio sulle dune dei Magi 
muovere al passo dei cammelli verso 
la Cuna. Ci fu ressa di fiaccole, di voci. 
Vidi gli ultimi d’una retroguardia frettolosa. 
E tutto passò via tra molto popolo 
e gran polvere. Gran polvere. 

Chi andò, chi recò doni 
o riposa o se vigila non teme 
questo vento di mutazione: 
tende le mani ferme sulla fiamma, 
sorride dal sicuro 
d’una razza di longevi. 

Non più tardi di ieri, ancora oggi.

(da “Onore del vero”, 1957)




PASTORALE D'EPIFANIA
di Marino Moretti (1885-1979)

Ascolta, finalmente, anima mia,
in una sera azzurra d'ombra, folta
d'astri, vibrante di ricordi, ascolta
la pastorale dell'Epifania.

La melodia che in te, desta, s'ostina.
La melodia che in te, sopita, sogna.
È voce di zampogna
di fede montanina.

E tu chiudi le tue palpebre umane
ed apri gli occhi nel tuo sogno mite.
E sogni solitudini infinite
e vedi solitudini montane.

E grandi fuochi e greggi bianchi in via
e neri abeti in mezzo a tanto argento
e fonti ove s'abbevera l'armento
che va, che va verso la prateria.

Apparsa è in cielo stella di presagi
o della Profezia
che segue nella via
notturna i tre cavalli dei Re Magi.

Vestiti delle loro fogge bizzarre
giungono alla capanna per esporre
i lor doni Melchiorre,
Gaspare, Baldassarre.

Ed offre il Re di Saba al suo mostrarsi
l'oro ed il Re d'Arabia dall'immenso
mantello beduino il sacro incenso
e l'odorosa mirra il Re di Tarsi.

Or ecco la zampogna. E il cuore ingordo
respira tutta la dolcezza ignota
che passa in una nota,
o spira nell'ebbrezza di un ricordo.

Canta sommessa la zampogna e il cuore
ciò che non seppe aver forse le chiede
un conforto, una fede,
e la dolce virtù del suo pastore.

Chiede altre cose mentre il canto s'alza
e si diffonde nella sera blanda:
quante cose domanda
rinchiuse in una lor pendula calza.

Nell'aria di cristallo or voci strane
mescolate all'afrore degli agrumi:
e penduli salumi
e filze di banane...

Si tace la zampogna; uggiola un cane.
S'accendono altre stelle, e lumi lumi.
O dolce cuore, perché ti consumi
in desideri di cose lontane?

(Da "Poesie scritte col lapis", Mondadori, Milano 1970)




LA BEFANA
di Nicola Moscardelli (1894-1943)

  Una vecchia con un sacco sulle spalle ed un bastone nella mano, né si sa quale dei due sia più ricco di nodi, erra stanotte pei tetti, e penetrando per la cappa del camino nelle case dove il sonno dei bambini ingentilisce l'aria, lascia doni nelle calze appese alla cappa.
  Sul sonno degli innocenti stanotte volteggiano i desideri come farfalle sul queto specchio di un lago..
  D'ora innanzi in ogni vecchia essi ravviseranno una Befana incognita: e nella bisaccia piena di tozzi e di stracci immagineranno tesori.

(Da "Le grazie della terra", Carabba, Lanciano 1928)




CANZONE DELL'EPIFANIA
di Angiolo Silvio Novaro (1866-1938)

Pastorelli pastorelli
Che passate prati e ruscelli
Con in braccio la cornamusa
E gioia sul viso diffusa,
Dove andate così snelli?
Udiste forse qualche dolce nuova
Che il cuore vi muova?

E voi re magi dalla ricca sella
Che camminate dietro la stella
Portando un sacco di doni,
E parete così buoni
Con la barba e l'occhio mite,
Chi cercate? Dite, dite,
E i tesori a chi gli offrite?

Oh se andate a Betlemme
Con quel carico di gemme
Deh pigliatemi con voi!
Ch'io lo veda il Fanciullino
Fasciato nel pannolino
Tra l'asino e il bue suoi
Che gli fumano vicino!

Dentro l'umile capanna
Con la Vergine Maria
Sant'Elisabetta e Sant'Anna
San Giuseppe e Zaccaria
Inginocchiato io stia
Contemplando il buon Gesù
Custodito da lassù!

Mentre voi cari pastori
Soffiate negli otri sonori,
E voi serviti dai valletti mori
Aprite, re magi, i tesori,
Devotamente io l'adori;
E piegato a lui leggiero
Gli abbandoni il cuore intero!

(Da "Il Cestello", Treves, Milano 1910)




LA BEFANA
di Giovanni Pascoli (1855-1912)

Viene viene la Befana,
vien dai monti a notte fonda.
Come è stanca! la circonda
neve, gelo e tramontana.
    Viene viene la Befana.

Ha le mani al petto in croce,
e la neve è il suo mantello
ed il gelo il suo pannello
ed il vento la sua voce.
    Ha le mani al petto in croce.

E s’accosta piano piano
alla villa, al casolare,
a guardare, ad ascoltare
or più presso or più lontano.
    Piano piano, piano piano.

Che c’è dentro questa villa?
uno stropiccìo leggiero.
Tutto è cheto, tutto è nero.
Un lumino passa e brilla.
    Che c’è dentro questa villa?

Guarda e guarda... tre lettini
con tre bimbi a nanna, buoni.
Guarda e guarda... ai capitoni
c’è tre calze lunghe e fini.
    Oh! tre calze e tre lettini.

Il lumino brilla e scende,
e ne scricchiolan le scale;
il lumino brilla e sale,
e ne palpitan le tende.
    Chi mai sale? chi mai scende?

Co’ suoi doni mamma è scesa,
sale con il suo sorriso.
Il lumino le arde in viso
come lampada di chiesa.
    Co’ suoi doni mamma è scesa.

La Befana alla finestra
sente e vede, e s’allontana.
Passa con la tramontana,
passa per la via maestra,
    trema ogni uscio, ogni finestra.

E che c’è nel casolare?
Un sospiro lungo e fioco.
Qualche lucciola di fuoco
brilla ancor nel focolare.
    Ma che c’è nel casolare?

Guarda e guarda... tre strapunti
con tre bimbi a nanna, buoni.
Tra la cenere e i carboni
c’è tre zoccoli consunti.
    Oh! tre scarpe e tre strapunti...

E la mamma veglia e fila
sospirando e singhiozzando,
e rimira a quando a quando
oh! quei tre zoccoli in fila...
    Veglia e piange, piange e fila.

La Befana vede e sente;
fugge al monte, ch’è l’aurora.
Quella mamma piange ancora
su quei bimbi senza niente.
    La Befana vede e sente.

La Befana sta sul monte.
Ciò che vede è ciò che vide:
c’è chi piange e c’è chi ride:
essa ha nuvoli alla fronte,
    mentre sta sul bianco monte.

(Da "Poesie varie", 1912)





LA BEFANA
di Lucio Pisani (1930)

Stasera
il bambino non vuole dormire
gli han detto domani
verrà la Befana
coperta di tempo
pesante di doni
verrà a premiare
fra tutti i più buoni.
Stasera il bambino non vuole dormire
inizia un'attesa
comincia a soffrire.

(Da "A mezza altezza", Mursia, Milano 1972)




LA BEFANA DI APPENNINO
di Ceccardo Roccatagliata Ceccardi (1871-1919)

Quatta, quatta - la Befana
questa notte
esce fuor da le sue grotte
d'Appennino;
un cestello
un gomitolo di lana
tra le mani
e una canna con l'uncino.

Non son grotte, ove s'appiatta
lungo l'anno
la Befana;
questo è inganno d'occhi umani:
ma un ostello,
ma è un castello
giù, cavato dentro il dosso:
un palazzo,
- colonnato, -
giallo e rosso;
di topazio e di rubino.

Fuor seduta la vecchietta
l'aria scruta e l'ora aspetta.

(Van le stelle
con lor greggi
da l'argentee campanelle
per i piani,
su, del cielo,
tra cui pare che si scheggi
senza un velo,
con il dosso cenerino
l'Appennino).

- L'ora! L'ora: -
mezzanotte! scocca ancora,
e già trae fuor di sua tasca
lesta lesta,
la Befana,
l'asinello,
bigio e nero,
che vi dorme un anno intero.

E a feltrargli i pie' s'appresta
muta, astuta
col gomitol de la lana
perché in aria
non echeggi
e in strepiti vaneggi
ripetuta
la sua pesta
solitaria.

Poi appende a l'asinello
con un nastro,
d'oro fino,
un arguto campanello
che giù prende
con la canna da l'uncino
piano, piano,
allungando un po' la mano
ad un astro,
più vicino,
sporta su da l'Appennino.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . .

(Da "Sillabe ed Ombre", Treves, Milano 1925)





LA BEFANA
di Mario Venditti (1889-1964)

È lieta una bimba e gioconda:
stamane, allor che s'è levata
al primo saluto del gallo,
tra i molli guanciali ha trovata
nascosta una bambola bionda
vestita di rosso e di giallo.

Le dicono tutti: - Oh, il bel dono
che a te la Befana ha portato! -
Ma ella, che ha finto dormire
e vigile in vece ha ascoltato
stanotte il fuggevole suono
dei passi materni, sorride.

È lieto anche un piccolo bimbo
che, a canto al camino sospesa
la logora calza ha dormito
e ignora che solo è discesa
dei suoi sogni d'oro nel nimbo
la fata al camino annerito.

Che cosa ha trovato, che cosa
quel bimbo stamane ha trovato
al nero camino da canto?
Non so. Ma avrà certo trovato
soltanto una povera cosa
quel piccolo bimbo, soltanto.

E pure, egli è lieto... E dovrebbe
solo egli esser lieto, non tu,
o vigile bimba: non ebbe
anch'egli una bambola bionda,
è vero; ma il raggio lo inonda
d'un'illusione di più.

(Da "Il terzetto", Perrella, Napoli 1911) 

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