domenica 9 novembre 2014

Può bastare poco

Può bastare poco a riprendere fiato,
uno slancio puerile, un impeto a vuoto.
Non conosco le strade che calpesto,
i muri che rasento sconosciuto.
Come un ebete urlo a mani alzate.
La vita non l'ho combattuta.
Ho schiacciato la miccia sotto i tacchi,
ho franto i fiori tra le dita.
E non mi accosto più
ai vecchi affetti, alle insegne abbattute.
Io allargo intorno il vuoto.



COMMENTO

La poesia di Leonardo Sinisgalli (1908-1981) intitolata Può bastare poco, fa parte della raccolta L'età della luna (Mondadori, Milano 1962). Il testo mostra una sorta di dramma personale, un senso di sconfitta, di inutilità e di vuoto che il poeta evidenzia in modi originali. Già i primi due versi spiegano che, per superare un momento critico della vita (riprendere fiato), non serve un evento importante, ma una semplice emozione o una piccola, stupida gioia momentanea. Dopo questa osservazione Sinisgalli sembra che inizi a fare un bilancio della propria esistenza, palesando un senso di estraneità nei confronti della società e delle cose che lo circondano; si rende conto di non aver vissuto come avrebbe voluto, di aver perso le occasioni, di aver rinunciato al combattimento per ottenere qualcosa d'importante. Alla fine, ciò che gli rimane è soltanto il vuoto, l'isolamento. Ma s'intuisce che in fondo, forse inconsciamente, il poeta ha cercato e voluto una situazione del genere, e che oltretutto tende a consolidarla.


Edvard-Munch, "Melancholia"

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