mercoledì 18 febbraio 2015

Il fascino nella poesia italiana simbolista e decadente

Il fascino è qui riferito alla seduzione e alla bellezza tipicamente femminili, che nelle poesie dei simbolisti acquistano significati diversi. Sotto la fascinazione provocata da una donna si può nascondere l'essenza del male o, al contrario, lo splendore del divino. Una bellissima ragazza diviene a volte il simbolo della felicità; altre volte assume le caratteristiche del mistero che sovrasta il mondo intero. Una signora che possiede un fascino tutto particolare può essere collegata alla malinconia ed alla tristezza, essendo portatrice di una bellezza che mostra i segni del tempo ed è, quindi, prossima a sfiorire. Ci sono poi i ricorrenti riferimenti alla morte, che si mostra affascinante perché promette l'oblio e la pace eterna. Il personaggio leggendario maggiormente ricordato in questo contesto dai poeti simbolisti è senz'altro Salomé: incarnazione del fascino, dell'erotismo e soprattutto del male, visto che, in cambio della sua ipnotica esibizione, spietatamente e senza un motivo plausibile, chiede ad Erode la testa del Battista.



Poesie sull'argomento

Diego Angeli: "Ricordo di un giorno d'estate" e "Inno all'anima crepuscolare" in "L'Oratorio d'Amore. 1893-1903" (1904).
Sandro Baganzani: "Ave" in "Senzanome" (1924).
Gustavo Botta: "Madrigale" in "Alcuni scritti" (1952).
Alfredo Catapano: "Per giovane donna canuta" in "Dai Canti" (1929).
Francesco Cazzamini Mussi: "Desiderio della donna in lutto" in "Le allee solitarie" (1920).
Giovanni Alfredo Cesareo: "Gratiae plena" in "Le consolatrici" (1905).
Girolamo Comi: "Le furie di carezze non sentite" in "Lampadario" (1912).
Adolfo De Bosis: "Vien ne la notte..." e "Ben per quante costringe isole" in "Amori ac Silentio e Le rime sparse" (1914).
Luigi Donati: "L'Eletta" in "Le ballate d'amore e di dolore" (1897).
Vincenzo Fago: "Il bagno d'Egle" e "Torna forse l'antica melodia" in "Discordanze" (1905).
Cosimo Giorgieri Contri: "Il nostro sogno" in "Il convegno dei cipressi" (1894).
Corrado Govoni: "Incoronazione" e "Invocazione" in "Le Fiale" (1903).
Corrado Govoni: "Contrasto" in "Gli aborti" (1907).
Luigi Gualdo: "Resurrecta" in "Le Nostalgie" (1883).
Amalia Guglielminetti: "Fascini" in "Le Seduzioni" (1909).
Virgilio La Scola: "Speculum Danae" in "La placida fonte" (1907).
Giuseppe Lipparini: "Stephana" e "L'incantesimo" in "Le foglie dell'alloro. Poesie (1898-1913)" (1916).
Gian Pietro Lucini: "Idolo strano, sotto un padiglione" in "Il Libro delle Figurazioni Ideali" (1894).
Enzo Marcellusi: "Oh, la grazia, la grazia d'una bionda " in "Il giardino dei supplizi" (1909).
Tito Marrone: "Beatrix" e "Evocazione" in "Sonetti dell'estate e dell'autunno" (1900).
Tito Marrone: "Il fresco" in "Le Gemme e gli Spettri" (1901).
Mario Morasso: "L'Apparizione" in "I Prodigi" (1894).
Angiolo Orvieto: "Le due Etrusche" in "La Sposa Mistica. Il Velo di Maya" (1898).
Antonio Rubino: "Mare con onde" in «Poesia», ottobre 1908.
Emanuele Sella: "Nella notte illune" in "Il giardino delle stelle" (1907).
Emanuele Sella: "Monteluce" in "Monteluce" (1909).
Emanuele Sella: "Intus alit" in "Rudimentum" (1911).
Domenico Tumiati: "L'òmero", "Il braccio" in "Musica antica per chitarra" (1897).
Remigio Zena: "La conocchia" in "Olympia" (1905).



Testi

FASCINI
di Amalia Guglielminetti

Colei che a un riso di seduzioni
tutta sola sen va, volgesi e gode
or dei fascini belli ed or dei buoni.

Talora si sofferma e una sua lode
sorridendo susurra, ma sì piano,
che niuno fuor del suo silenzio l'ode.

Ascolta il mare urlar tragico un vano
suo amore, oppur gioisce in numerare
gl'intrichi delle vene in una mano.

Sosta in ansia d'attesa al limitare
d'un vecchio parco, oppur s'abbaglia al gioco
d'arcobaleno delle gemme rare

sotto rovesci calici di fuoco.

(Da "Le seduzioni", 1909)





MADRIGALE
di Gustavo Botta

Nel dorato mattino, altro non vidi
che la tua fronte pallida e i tuoi grandi
occhi, sotto le ciglia che son ali;
e la bocca rossissima, ove nidi
al desiderio schiudono i tuoi blandi
sorrisi, ed i capelli ardenti, quali
fogliami effusi al sole mattutino.
Odimi: non vidi altro in quel giardino.


(Da "Alcuni scritti", 1952)

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