lunedì 9 marzo 2015

La fioritura primaverile in 10 poesie di 10 poeti italiani del XX secolo

Che spettacolo! Si ripete ogni anno, ma assistervi, è qualcosa di veramente eccezionale, sempre e comunque. Anche il prugno nel mio giardino è appena fiorito; quei suoi fiorellini bianchi, che guardo dalla mia finestra, mi infondono sentimenti di bontà e di gioia. La primavera, grazie alle magnifiche fioriture che la contraddistinguono, è la stagione più bella, e ogni volta che ritorna, anche coloro che soffrono per dolori morali o fisici tornano a sperare in un futuro migliore. 



COTOGNI IN FIORE

di Guelfo Civinini (1873-1954)

Son rifioriti al limite degli orti
i cotogni, tardiva leggiadria:
tremano al sole i ramicelli corti,
verde la siepe, ed è bianca la via.

O tu che oscilli, dove mi riporti?
Una fragranza nel mio cuor dormia
lieve e soave fra i ricordi morti:
mele cotogne fra la biancheria.

Più dolci assai che non lo spigonardo
od ogni altro profumo casalingo
odoravan l'inverno entro gli armadi;

ed or, traverso a' ramicelli radi
che April rinfiora, i miei sogni di bimbo
io ritrovo, alberello esile e tardo.

(Da "I sentieri e le nuvole", Treves, Milano 1911)





MANDORLO IN FIORE
di Girolamo Comi (1890-1968)

Generata da un alito d'aurora
spuma d'eteree patrie, ti disciogli
nei solchi della zolla che assapora
nel tuo latte i suoi prossimi germogli:

e in te è già l'onda - in abbagliante ressa -
di tutta una marea di fiori pronti
a sommergere cuori ed orizzonti
nel gorgo della primavera stessa.

Mandorlo in fiore - sussurro e consumo
di una primizia d'angelici climi,
pioggia di purità come mattini

inaspettati sopra il cupo grumo
dei sonni della terra - nei tuoi steli
è una visitazione di cieli.

(Da "Opera poetica", Longo, Ravenna 1977)





MANDORLI IN FIORE
di Corrado Govoni (1884-1965)

Ne gli orti i mandorli sono in fiore
come una primaverile primizia;
è diffuso per l'aria il pudore
d'una timida vergine novizia.

Tra i ramelli i capineri in amore
trillan con ineffabile delizia,
e il crepuscolo sviene di languore
ne la sua fulgida pompa patrizia.

Vicino, su la via c'è un oratorio
che l'edera ricopre per metà
col suo manto di vedova e col velo

funebre, triste come un ostensorio
senz'ostia e da cui viene la bontà
d'una dolce freschezza di cielo.

(Da "Le fiale", Lumachi, Firenze 1903)





IL MELO
di Giuseppe Lipparini (1877-1951)

Ieri lasciammo il melo ancora deserto di fiori:
piccole gemme fulve erano qua e là.

Oggi torniamo al verziere nel puro mattino di marzo.
Dafne, non vedi lassù quel solo fiore brillar?

Unico fiore, sul ramo più alto si scuote a la brezza;
oh, quale cosa più bella oggi nel mondo sarà?

Penso una vergine ignara, che lieta si addorme la sera,
e si risveglia all' aurora col primo sogno d' amore.

(Da "Le foglie d'alloro", Zanichelli, Bologna 1916)





È FIORITO L'ALBERO DEL CORTILE
di Daria Menicanti (1914-1995)

Una sfera 
pallida e trasparente è caduta 
sopra le braccia aperte 
dell'albero in attesa. 
Una sfera 
di fiori brevi più bianchi dell'alba 
s'è posata in cortile 
tra vorticose pareti. 
La sua presenza aerea 
la sua improvvisa grazia da immortale 
rende felice e disperato 
chi la guarda 

(Da "Poesie per un pasante", Mondadori, Milano 1978)





LA FIORITURA
di Marino Moretti (1885-1979)

Scrissi una poesia
tutta di primavera,
piccoletta, leggera,
vibrante d'armonia.

Quando l'ebbi finita
sorrisi e la stracciai.
Di quella carta sai
feci una gran fiorita.

I pezzetti minuti
bianchi, cadder nell'orto
e non so che sconforto
ebbi per quei rifiuti.

Poi risi: ogni pezzetto
di carta era stellina,
fior di melo, pruina,
caduti a mio dispetto.

Tornai alla mia lieta
scrivania, rondinotto.
Sentii dire lì sotto:
«Lassù ci sta un poeta».

(Da "Tutte le poesie", Mondadori, Milano 1966)





L'ALBICOCCO
di Ada Negri (1870-1944)

Fiorì stamane il giovane albicocco
primo e solo, nell'orto ancora ignudo.
Nei tre più alti rami
fiorì, leggero: in sua bianchezza alata
ride all'azzurro con stupor d'infanzia.
Signore, in nome
di questi primi fiori
d'aprile, che innocenti aprono gli occhi
fra color di sangue, eco di stragi, pianto
di popoli, perdona,
perdona a noi, Signore.

(Da "Fons amoris", Mondadori, Milano 1946) 





OHIMÈ CHE COSA È ACCADUTO
di Angiolo Silvio Novaro (1866-1938)

Ohimè che cosa è accaduto?
Il mandorlo è fiorito,
Ed io nulla ho sentito
Nulla ho veduto!

S'è guernito e coronato
D'un diadema di stelle d'argento,
Tutta notte ha lavorato
E sull'alba splendeva contento:

Ed ora le sue stelle le dà al vento:
La ghirlandetta fragile e superba
La sparpaglia su l'erba
Del fresco prato!

Il miracolo è compiuto,
Ma io nulla ho veduto
Nulla ho sentito!
Che cosa dunque è accaduto?

Dov'era questo povero cuore assorto,
Dov'era questo povero cuore muto
Se il mandorlo è fiorito
Ed esso di nulla s'è accorto?

(Da "Il piccolo Orfeo", Treves, Milano 1929)





IL FIORIRE DEL PESCO
di Francesco Pastonchi (1874-1953)

L'esile pesco al marzo che lo allaccia 
Fiorirebbe, ma vede ancora i monti 
Troppo nevosi e teme che lo affronti 
D'aspri venti una sùbita minaccia. 

Anche teme che il suo fiorir dispiaccia 
Al grande pioppo, il re degli orizzonti, 
E al vecchio fico che, a vegliarne i pronti 
Spiriti, allarga le paterne braccia. 

Ma una tepida notte, ecco, lo invade 
Un languore, un tremore, un desio folle, 
Poi come un lungo anelito.... È l'aurora: 

E vede sé, fulgente di rugiade, 
Chiuso in un roseo nembo di corolle, 
Che ai venti mattutini esita e odora. 

(Da "Belfonte", Streglio, Torino 1903)





I PESCHI
di Enrico Thovez (1869-1925)

Vo lento e tacito sotto un cielo ambiguo di marzo, 
tutto ombre plumbee e fulgori, cumuli e strappi d'azzurro. 
La pigra volta matura minaccie torbide, incombe 
grave: qual cupo silenzio! Il mondo pare una tomba. 
Pur ora i peschi fioriscono, lassù. Li vedo, li sento 
teneri per i declivi, timide rose nel cielo. 
Il vento freddo li abbrivida forse, la pioggia minaccia: 
anime miti essi tendono la gracil chioma di rosa. 
Ha qualche cosa d'antico oggi la luce: l'aspetto 
come di un giorno che torni da lungi nella memoria. 
Io son scomparso da tempo. Altri occhi cercano in cielo 
le sacre forme, le labbra mormoran versi, dei miei. 
Son ora i peschi anche in fiore; con essi in fiore è il mio nome; 
sorge dai giorni lontani forse la morta mia immagine 
per un istante compresa, cara ad un'anima amante... 
Forse al perduto mio spirito giova un così tardo amore? 

(Da "Il poema dell'adolescenza", Streglio, Torino 1901)

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