domenica 2 agosto 2015

Poeti dimenticati: Augusto Garsia

Nacque a Forlì nel 1889 e morì a Firenze nel 1956. Fu poeta, prosatore e critico letterario; i suoi versi possono essere considerati una prosecuzione della poetica crepuscolare: lo si evince sia dalle atmosfere spente, languide e malinconiche che dalle ricorrenti parole come "stanchezza", "tristezza", "dolcezza" ecc. Garsia spesso ambienta le sue poesie in luoghi desolati, sul far della sera, e in questo contesto esprime i suoi pensieri e i suoi sentimenti pregni di rassegnazione e di nostalgia per un tempo lontano, per un entusiasmo perduto. Non sono assenti i momenti di un misticismo raccolto. Tutta la sua migliore lirica si sviluppò nel terzo decennio del XX secolo, e fu proprio in questo periodo che ottenne dei riconoscimenti. Troppo presto però fu dimenticato ed oggi nessuno ricorda il suo nome.




Opere poetiche

"Opposte voci",  Vallecchi, Firenze 1921 (1940²).
"Voci di là dal fiume", Battistelli, Firenze 1924.
"Poesie: 1921-1925", Giusti, Livorno 1926.
"Voci del mio silenzio", Campitelli, Foligno 1927.
"Voci del mio cammino", Giusti, Livorno 1928.
"Le voci: Voci del mio cammino: Antologia di spente voci", Formiggini, Roma 1930.





Presenze in antologie

"Poeti Novecento", Mondadori, Milano 1928 (pp. 57-60).
"La poesia italiana di questo secolo", a cura di Pietro Mignosi, Edizioni del Ciclope, Palermo 1929 (pp. 159-160).
"L'Adunata della poesia", 2° edizione, a cura di Arnolfo Santelli, Editoriale Italiana Contemporanea, Arezzo 1929 (pp. 282-286).
"Le più belle pagine dei poeti d'oggi", 2° edizione, a cura di Olindo Giacobbe, Carabba, Lanciano 1928 (vol. III, pp. 94-102).
"La nuova poesia religiosa italiana", a cura di Gino Novelli, La Tradizione, Palermo 1931 (pp. 150-153).
"I crepuscolari: saggio e composizioni", a cura di Nino Tripodi, Edizioni del Borghese, Milano 1966 (pp. 485-490).




Testi
FORSE

Come la sera d'agosto
ultima è dolce! Lontano
vien dalle nebbie del piano
timido zirlo quassù:

timido zirlo che tosto
lungo e sicuro si stende
da balza a balza, e s'accende
timido zirlo quassù;

Tremulo zirlo che monti
come un respiro di pace
dove impassibile tace
l'aria e s'illumina, tu,

calmo respiro dei monti,
mentre s'accendono l'Orse,
in cuor mi mormori «Forse»
e non mi dici «Mai più».

(Da "Opposte voci")



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