domenica 10 luglio 2016

I gioielli nella poesia italiana decadente e simbolista

Naturalmente, per gioielli s'intendono tutti gli oggetti ornamentali usati da donne o da uomini; possono essere pietre o metalli, ma quello che li unisce è la preziosità, la bellezza e la raffinatezza. I poeti decadenti e simbolisti ne citano e ne descrivono molti, quasi sempre indossati da donne affascinanti, sì da rappresentare il plus ultra dell'eleganza. Govoni in alcuni suoi versi parla di un luogo in cui abbondano questi oggetti preziosi, quasi a voler sottolineare la presenza di sconosciuti paradisi creati dagli umani per il loro bisogno di ricercatezza estrema. Gualdo nomina un tesoro celato nei più reconditi abissi; Lipparini racconta di "nobili forzieri" da cui escono "lucide gemme in aurei monili"; Tumiati e Adobati si soffermano ad esprimere concetti alti relativi ad alcune pietre preziose come smeraldi, rubini, zaffiri ecc. Un discorso a parte merita la simbologia dell'anello, che in alcuni casi viene trovato dal poeta in modo casuale, e da tale ritrovamento scaturiscono delle congetture sui proprietari di questo oggetto, e sui sentimenti che ha suscitato in costoro. Ma, come già detto, nella maggior parte dei versi, pietre e metalli sono indossati da personaggi femminili il cui fascino suscita pensieri estremamente passionali.




Poesie sull'argomento

Mario Adobati: "Rubino", "Zaffiro", "Topazio", "Giacinto", "Lapislazzuli", "Turchese" e "Smeraldo" in "I cipressi e le sorgenti" (1919).
Guelfo Civinini: "La spilla di turchine" in "L'urna" (1900).
Sergio Corazzini: "L'anello" in «Marforio», febbraio 1904.
Cosimo Giorgieri Contri: "La turchese morta" in "Primavere del desiderio e dell'oblio" (1903).
Corrado Govoni: "Piazza Spagna", "Pietre" e "Crisoprassi d'amore" in "Le Fiale" (1903).
Luigi Gualdo: "In fondo ai chiari abissi" in "Le Nostalgie" (1883).
Amalia Guglielminetti: "La meraviglia" e "Le gemme" in "Le Seduzioni" (1909).
Giuseppe Lipparini: "Il tesoro" in "Le foglie dell'alloro. Poesie (1898-1913)" (1916).
Gian Pietro Lucini: "L'anello di smeraldi" in "Poesia", luglio/agosto/settembre 1906.
Fausto Maria Martini: "L'anello" in "Le piccole morte" (1906).
Fausto Maria Martini: "I gioielli" in "Poesie provinciali" (1910).
Nicola Moscardelli: "Orecchini" in "La Veglia" (1913).
Francesco Pastonchi: "Gioielli" in "I versetti" (1930).
Giuseppe Rino: "L'incorruttibile" in "Poesia", agosto/settembre/ottobre 1909.
Giovanni Tecchio: "L'anello" in "Canti" (1931).
Domenico Tumiati: "Diadema" in "Musica antica per chitarra" (1897).
Domenico Tumiati: "Lo smeraldo" in "Liriche" (1937).




Testi 

LA SPILLA DI TURCHINE
di Guelfo Civinini

Era il primo appuntamento.
Dalla piazza Barberini
io la vidi, ben rammento,
sul canton dei Cappuccini:

ella venne ai primi inviti
quel mattin di primavera
(eran gli olmi rinverditi
su la vecchia croce nera)

con la spilla di turchine
fatta a foggia d'un falcetto,
sottil arma che le trine
odorose del corsetto

custodìa gelosamente.
Sussurravan gli olmi a tratti
sovra noi, curiosamente:
noi tacemmo un po' distratti

come siam soliti spesso,
quando l'anima è lontana:
con un murmure sommesso
si frangea su la fontana

il bel getto di diamanti:
e nel lor vagabondaggio
proseguian l'anime amanti
che avvincea Calendimaggio.

Ed a tratti, or sì or no,
se tacea tra gli olmi il vento,
con un tempo di rondò
s'udian giunger dal convento,

in quell'ora delle dieci,
voci tremule di frati
salmodianti antiche preci:
come voci di malati.

Quanto tempo è già passato
da quel nostro dolce amore!
Ecco, maggio è ritornato,
ma che gelo ho dentro al cuore!

Su le amiche voci buone
che ascoltammo, il viver lento
d'una fioca sua canzone
stende il ritmo sonnolento;

su le buone amate cose
stende mille impurità
bianche mani dolorose...
or chi mai le toglierà

quella spilla di turchine
fatta a foggia d'un falcetto,
che sovente fra le trine
odorose del corsetto

io cercava impaziente,
mentre tutto il miglior sangue
mi suggeva ella morente
con la bella bocca esangue?


(Da "L'urna")



Jean Renoir, "Gabrielle aux bijoux"

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