domenica 10 luglio 2016

Poeti dimenticati: Emilio Cecchi

Nacque a Firenze nel 1884 e morì a Roma nel 1966. Fu collaboratore di importanti riviste e giornali come Il Leonardo, Hermes, La Voce, La Riviera Ligure, La Ronda, La Tribuna, Il Corriere della Sera. Notevolissima la sua attività di critico letterario che gli valse dapprima la nomina di accademico d'Italia (1940) e quindi il diritto a far parte dell'Accademia dei Lincei (1947). Lavorò anche all'estero: in Inghilterra come inviato del Manchester Guardian; Negli Stati Uniti come insegnante di cultura italiana presso l'Università di Berkley. La sua non abbondante attività poetica appare oggi totalmente dimenticata. Eppure, se si escludono i versi che Cecchi scrisse giovanissimo (decisamente legati al passato e senza alcuna attrattiva) e leggendo attentamente gli altri, pubblicati quasi tutti sulla Riviera Ligure tra il 1913 ed il 1916, ci si accorge di quanto siano sorprendentemente innovativi e si nota pure come ben s'inseriscano nell'ambito del cosiddetto "frammentismo lirico" nato dopo il primo decennio del XX secolo; queste si potrebbero definire "poesie sperimentali", in quanto posseggono delle peculiarità non riscontrabili in autori di versi della sua generazione e, tanto meno, in coloro che lo hanno preceduto. Se c'è un poeta che può in qualche modo somigliargli è certamente Riccardo Bacchelli: in particolare l'autore dei Poemi lirici; ad unirli è una non rara sentenziosità ed una tendenza a ricordare particolari eventi della vita. Per certi aspetti, le liriche di Cecchi posseggono ulteriori elementi che si avvicinano a correnti artistiche come il surrealismo e l'ermetismo; riguardo a quest'ultimo, a mio modo di vedere, potrebbe benissimo esserne considerato l'anticipatore.




Opere poetiche

"Inno primo", Ciardelli, Firenze 1908.
"Inno", Carabba, Lanciano 1910.
"L'uva acerba", Garzanti, Milano 1947.




Presenze in antologie

"Poeti d'oggi: 1900-1925", a cura di Giovanni Papini e Pietro Pancrazi, Vallecchi, Firenze 1925 (pp. 492-496).
"Le più belle pagine dei poeti d'oggi", 2° edizione, a cura di Olindo Giacobbe, Carabba, Lanciano 1928 (vol. 2, pp. 48-58).
"Antologia della poesia italiana 1909-1949", a cura di Giacinto Spagnoletti, Guanda, Bologna 1952 (pp. 155-161).




Testi

PRIMAVERA

L'amore è questione di spazio.
Essere occupati. Occupare.
E però tristezza, infelicità.
Tristezza calma come viaggiare
mettendo in valore le stagioni.
Nell’animo infatti a chi viaggia,
le donne dischiudono il paesaggio,
emblemi più puri.

E ora l'acquate di primavera
trapungono con frizzore d'aghi
scritture di celeste e d'oro
sopra le arene vaghe
a' termini della vuota città.
Le bimbe di gambe virili
sedute agli uscioli
si cuciono le vesti leggere
e il limpido capriccioso mattino
oscilla e cade a' loro piedi.

Per gli ariosi archi rosati
e il verde spessore sotto gli alberi
mi segue un pensiero di te.
E porto i tuoi occhi
come un urto nel cuore,
per pena di quando
non ti vedevo e eri accanto.

Oh essere un paese tuo!
Nutrizione dei destini inferiori.
E a' crocevia dove la materia
s'ingolfa in me fresca e polverosa
ritrovo i primi sapori.
Una regione amorosa
si crea del mio transito a te
nel mio corpo più fino.
Il gelo dei tuoi bracci carnosi
m'invera i silenzi
delle case attente sui colli
a' giochi del viziato mattino.

(Dalla rivista «La Riviera Ligure», anno XXII, n. 60, 1916)


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