mercoledì 5 ottobre 2016

Poeti dimenticati: Enrico Annibale Butti

Nacque a Milano nel 1868 e ivi morì nel 1912. Si laureò in Giurisprudenza per poi dedicarsi assiduamente al teatro sì da divenire, ai suoi tempi, un noto drammaturgo (fu paragonato ad Ibsen); scrisse anche romanzi, racconti e poesie; colpito ben presto dalla tisi, morì precocemente. I suoi versi non furono mai pubblicati in volume e restano sparsi su varie riviste di fine Ottocento fra cui Cronaca d'arte, Nuova antologia e Il Marzocco. Butti, nelle sue rare liriche, mostra simpatie per alcuni poeti italiani del secondo Ottocento: Igino Ugo Tarchetti ed Arturo Graf per un non celato pessimismo; Olindo Guerrini per una sottile sensualità; Giovanni Pascoli per una ricerca di situazioni misteriose ed enigmatiche. Si auspica che, in un immediato futuro, qualcuno voglia pensare di riunire in un libro i versi di questo ennesimo poeta italiano dimenticato.



Presenze in antologie

"Dai nostri poeti viventi", 3° edizione, a cura di Eugenia Levi, Lumachi, Firenze 1903 (pp. 62-63).
"Antologia della lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C., Milano 1923 (pp. 237-238).
"Poeti simbolisti e liberty in Italia", a cura di Glauco Viazzi e Vanni Scheiwiller, Scheiwiller, Milano 1967-1972 (volume secondo, p. 37; volume terzo, pp. 31-39).



Testi

ROVINE

Le colonne dei Templi il mar sommerse.
S'ergon freddi dall'onde i capitelli
Ionici, cornuti come agnelli,
E gli archi ben lunati. Per l'avverse

Furie dei flutti non piegar le terse
Forme: non si squarciar sotto i flagelli
Le marmoree parvenze. Immoti e belli
Gli avanzi umani stettero, e si perse

L'Umanità che li creava un giorno!
Or tra i ruderi bianchi e l'acque chiare
Silenziosi vanno i cigni in torno

Quasi ammirando l'opere preclare;
E celebra l'Età senza ritorno
La voce eternamente alta del mare.

(Da «Il Marzocco», marzo 1897)




CANTI DELLA NOTTE

Dicon tra lor le lucciole
Sommessamente
Nella notte silente:
— «Siam le stelle del prato;
E siamo del Creato
Nel fulgido poema
Delle eteree sorelle
Non meno belle».

Rispondon gli astri tremuli
Dal firmamento
In mistico concento: —
«Pe 'l ciel lucciole siamo;
E del Creato abbiamo
Nella vece suprema
Delle suore mortali
Destini uguali».

I due canti s'accordano
Maravigliosi
Su gli umani riposi.
Armonia d'un Mistero
Che sfugge a ogni pensiero.
Ma l'alba all'orto trema
E spengonsi sorelle
Lucciole e stelle.


(Da «Nuova Antologia», febbraio 1899)

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