venerdì 24 marzo 2017

Primavera e memoria

All'aprirsi dell'aria spaccata dal vento,
trafitta da lunghe spade d'argento,
la terra ricomincia il suo tempo,
senza memoria dei millenni e dei giorni,
ignara d'inizi e ritorni:
erba drizzata, sparsa fronda,
acqua che fugge in lucida onda,
primo fiore, colore.
Ma noi, su noi stessi piegati
dal carico dei giorni e dei millenni,
noi non possiamo ricominciare;
noi abbiamo solo occhi per guardare
l'eterna fiumana estuare
dalle innumerevoli porte
dell'universo; noi confitti e chiusi
nel nostro guscio di memoria umana,
separata finita lontana.



È, questa, la penultima lirica di quelle comprese nel volume riassuntivo Poesie di Diego Valeri (Piove di Sacco, 1887 - Roma 1976), pubblicato dalla Mondadori nel 1962. Composta in tarda età dal poeta veneto, mette in risalto la netta differenza tra la vita del nostro pianeta e quella di noi, esseri umani. Lo spunto di questa meditazione è dato dal ritorno della stagione primaverile, che si palesa, per quel che concerne la Terra, con un nuovo inizio di vita e di energia: le acque che si spostano in seguito allo sgelo; la comparsa dei primi fiori sbocciati dopo i primi tepori; l'erba dei prati che riprende vita e colore grazie al calore dei raggi solari... Tutti elementi della rinascita infinita che avviene ogni anno sulla superficie del pianeta, il quale non è, come noi, consapevole di ciò che è avvenuto, che avviene e che avverrà, poiché non ha memoria e tutto si sussegue senza ricordo alcuno. Gli uomini invece, carichi di anni, appesantiti dal tempo che è passato, sono ben consci della propria precarietà e del fatto che per loro è impossibile rinascere, ma soltanto osservare gli eventi della natura che si rinnova. Quel "noi" usato più volte dal Valeri, indica una fratellanza col genere umano che soffre della propria finitezza ed anche dei ricordi, i quali, col passare degli anni si accumulano e pesano nell'anima sempre di più, tanto da farla piegare su sé stessa. Negli ultimi versi affiora con maggiore evidenza la sconsolata rassegnazione del poeta, che parla di noi: un'umanità chiusa e inchiodata in un involucro fatto di memoria, che ci allontana, ci separa dalla terra che sempre rinasce, facendoci sentire quanto mai inutili e caduchi, consapevoli del nostro breve tempo che passa velocemente, e che ci fa perdere, lungo la strada della vita, anche i ricordi più belli.

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