domenica 30 aprile 2017

Poeti dimenticati: Eugenio Gara

Nacque a Genova nel 1888 e morì a Milano nel 1985. Debuttò nel mondo della letteratura con un libro di poesie, per poi intraprendere una lunga e prestigiosa carriera di critico musicale (specializzato in operistica); negli anni, collaborò con numerosi giornali pubblicando saggi memorabili. Scrisse anche molti libri, tra i quali vanno ricordati quelli concernenti le biografie del tenore Enrico Caruso e della soprano Maria Callas. Giovanissimo, si dedicò alla poesia pubblicando un volume ed altri versi sparsi in riviste d'inizio Novecento; le sue liriche prediligono i temi cari al decadentismo e al crepuscolarismo, ma a volte compaiono anche alcuni accenti romantici.




Opere poetiche

"La canzone del salice", Stab. Tipografico S. Morano, Napoli 1910.




Presenze in antologie

"Poeti simbolisti e liberty in Italia", a cura di Glauco Viazzi e Vanni Scheiwiller, Scheiwiller, Milano 1967-1972 (vol. 1, pp. 96-99).




Testi

SPLEEN

Come diventa triste la vita, triste e vana,
quando non si ha più fede, o sorella lontana:
quando le foglie secche de le nostre illusioni
si staccan da la rama di nostra gioventù,
e fugan senza luci, senza direzioni,
fugano solamente per non tornar mai più:
quando l'anima nostra con lo sguardo angosciato
affissa stranamente lo specchio del passato,
e non si riconosce, l'anima appesantita:
o sorella lontana, com'è triste la vita!

Com'è triste la vita quando non si ha una voce,
una piccola voce, che c'insegni a sperare;
che ci guidi e ci dica: - È questa la tua croce,
è questo il tuo cammino: lo devi camminare.
Una piccola voce che ne i giorni piovosi
ci sollevi lo spirito con i canti armoniosi:
una vocina dolce che ne le notti oscure
ci riconforti l'anima, ingombra di paure:
quando non si ha una voce, che a la nostra sia unita,
o sorella lontana, com'è triste la vita!

Com'è triste la vita quando non si ha una mano,
una manina piccola, che ci guidi lontano:
che ci aiuti a salire il periglioso colle:
che ci aiuti a discendere su le invocate zolle:
una manina piccola, che ci prenda pel viso
e c'imprima sul labbro un allegro sorriso:
una piccola mano che ci apra le pupille,
e ci additi i fantasmi vaganti a mille a mille...
Quando non si ha una mano che a la nostra sia unita,
o sorella lontana, com'è triste la vita!

Adesso, sorellina, io non so che viare,
viare lentamente, senza giammai sostare:
io non so che viare lungo i fondi sentieri
con il triste fardello de' miei tristi pensieri:
viare senza mèta - sia lontana o vicina -,
viare trascinando l'anima pellegrina:
viare etrnamente senza luce d'amore,
senza gloria di cielo, col mio pesante cuore...
O sorella lontana, mi vorresti aiutare?
Io non so che morire, e viare, viare...
.  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .


(Da "La canzone del salice")

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