martedì 30 ottobre 2012

Antologie: "I poeti minori dell'Ottocento"

Questa antologia è sicuramente la più completa tra quelle dedicate ai poeti minori dell'Ottocento italiano: vi figurano infatti ben 263 nomi. L'abbondanza di poeti è spiegata anche dal fatto che Ettore Janni (1875-1956), curatore dell'opera antologica, volle inserirvi sia i poeti che avrebbero potuto rientrare nel secolo precedente o in quello successivo all'Ottocento, sia i cosiddetti "minimi", ovvero coloro che passarono quasi come meteore nella storia della letteratura italiana, compresi personaggi illustri come Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini, Francesco Crispi, Filippo Turati, Grazia Deledda e Luigi Pirandello, i quali, se è vero che nella loro gloriosa vita scrissero anche dei versi, certo non divennero famosi per quelli. L'antologia di Janni consta in quattro volumetti che fanno parte della celebre collana B.U.R. pubblicata dalla Rizzoli durante gli anni '50 del XX secolo. Il primo volume uscì nel febbraio del 1955 e il secondo nel giugno del medesimo anno; all'inizio del 1956 Ettore Janni venne a mancare improvvisamente lasciando così la sua meticolosa opera incompiuta. Fu grazie alla moglie di Janni, che già aveva collaborato assiduamente ai primi due volumi, che fu possibile l'uscita, nel 1958, dei due rimanenti, i quali furono realizzati così come li avrebbe voluti l'autore dell'antologia. E meno male, visto che questi quattro libriccini rappresentano un compendio non paragonabile a nessun altro della poesia italiana ottocentesca, escludendo i grandi nomi ai quali naturalmente fu dato spazio in altro modo. Ecco per concludere l'elenco completo dei poeti presenti nei quattro volumi, incasellati nei tredici capitoli a loro dedicati dal curatore.
 
 

 
VOLUME PRIMO - CLASSICISTI E ROMANTICI

I. - DAL SETTECENTO ALL'OTTOCENTO
Jacopo Vittorelli, Onofrio Minzoni, Francesco Gianni, Tommaso Sgricci, Teresa Bandettini (Amarilli Etrusca), Lorenzo Pignotti, Clasio (Luigi Fiacchi), Gherardo de' Rossi, Giovanni Fantoni, Melchiorre Cesarotti, Giuseppe Zanoia, Luigi Lamberti, Luigi Cerretti, Giovanni Paradisi, Francesco Cassoli, Clemente Bondi, Angelo Mazza, Giovan Domenico Anguillesi, Lazzaro Papi, Ippolito Pindemonte.

II. - I TRADIZIONALISTI
Giuseppe Giulio Ceroni, Giovan Luigi Redaelli, Francesco Benedetti, Luigi Biondi, Giulio Perticari, Costanza Monti Perticari, Francesco Cassi, Diodata Saluzzo, Cesare Saluzzo, Cesare Arici, Angelo Mai, Giovita Scalvini, Filippo Pananti, Antonio Guadagnoli, Giuseppe Pozzone, Felice Romani, Lorenzo Costa, Giambattista Cereseto, Angelo Dalmistro, Giuseppe Barbieri, Teresa Albarelli Verdoni, Pasquale Besenghi degli Ughi, Antonio Mezzanotte, Paolo Costa, Dionigi Strocchi, Giovanni Marchetti, Marc'Antonio Parenti, Vincenzo Gioberti, Lavinio de' Medici Spada, Giulio Genoino, Giuseppe Florio, Giuseppe Campagna, Maria Giuseppina Guacci Nobile, Francesco Ruffa, Nicola Sole, Tommaso Gargallo, Giuseppe Borghi, Giovanni Rosini, Giambattista Niccolini.

III. - I PRIMI ROMANTICI
Lodovico Di Breme, Silvio Pellico, Piero Maroncelli, Giovanni Torti, Tommaso Grossi, Giunio Bazzoni, Giambattista De Cristoforis, Giuseppe Nicolini.

IV. - ESPANSIONE DEL ROMANTICISMO IN ITALIA
Bartolomeo Sestini, Carlo Bini, Francesco Domenico Guerrazzi, Agostino Cagnoli, Giuseppe Capparozzo, Samuele Biava, Domenico Capellina, Luigi Carrer, Caterina Bon Brenzoni, Cesare Betteloni, Jacopo Cabianca, Gian Vincenzo Pellicciotti, Pietro Paolo Parzanese, Felice Bisazza, Giuseppina Turrisi Colonna, Giuseppe De Spuches, Rosina Salvo Muzio, Lauretta Li Greci.
 
 
 
 
 
 
 
VOLUME SECONDO - POESIA DELLA PATRIA ED EREDITA' DEL RISORGIMENTO

V. - LA FIORITA PATRIOTTICA
Giovanni Berchet, Gabriele Rossetti, Pietro Giannone, Antonio Ferretti, Teobaldo Ciconi, Jacopo Sanvitale, Giuseppe Montanelli, Antonio Gazzoletti, Domenico Carbone, Carlo Alberto Bosi, Domenico Mauro, Francesco Dall'Ongaro, Arnaldo Fusinato, Erminia Fuà Fusinato, Luigi Mercantini, Cesare Correnti, Antonio Tolomei, Cesare De Horatiis.

VI. - ISPIRATORI E MARTIRI
Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Goffredo Mameli, Alessandro Poerio, Carlo Poma, Enrico Tazzoli, Ippolito Nievo.

VII. - L'EREDITÀ DEL RISORGIMENTO
Niccolò Tommaseo, Aleardo Aleardi, Giovanni Prati, Terenzio Mamiani, Giulio Uberti, Carlo Tenca, Andrea Maffei, Giuseppe Revere, Giulio Carcano, Cesare Cantù, Tullo Massarani, Antonio Stoppani, Luigi Bonazzi, Giovanni Raffaelli, Emilio Frullani, Geremia Barsottini, Caterina Franceschi Ferrucci, Teodolinda Franceschi, Pignocchi, Giannina Milli, Giuseppe Regaldi, Giacomo Barzellotti, Francesco Carrara, Laura Beatrice Mancini Oliva, Paolo Emilio Imbriani, Pasquale de' Virgilii, Vincenzo Baffi, Remigio Del Grosso, Saverio Baldacchini, Francesco Saverio Arabia, Leonardo Vigo, EmanueleGiaracà, Eliodoro Lombardi, Mariannina Coffa Caruso, Salvatore Viale, Giuseppe Multedo, Costantino Nigra, Felice Cavallotti, Giuseppe Cesare Abba, Francesco Crispi, Giacomo Zanella.
 
 
 

 
 
 
 
VOLUME TERZO - REAZIONI ROMANTICHE E ANTIROMANTICHE

VIII. - TERZO ROMANTICISMO: DALLA SCAPIGLIATURA AL VERISMO
Emilio Praga, Arrigo Boito, Iginio Ugo Tarchetti, Giulio Pinchetti, Carlo Borghi, Antonio Ghislanzoni, Temistocle Solera, Paolo Ferrari, Bernardino Zendrini, Giovanni Camerana, Pompeo Bettini, Giacomo Marchini, Ferdinando Fontana, Enrico Annibale Butti, Fausto Bonò, Vincenzo Riccardi di Lantosca, Gaspare Invrea (Remigio Zena), Vittorio Betteloni, Gaetano Leonello Patuzzi, Giuseppe Fraccaroli, Eva Cattermole Mancini (Contessa Lara), Maria Ricci Paternò Castello, Vincenzo Padula, Alessandro Arnaboldi, Domenico Milelli, Giuseppe Aurelio Costanzo, Mario Rapisardi, Filippo Turati, Leonida Bissolati, Andrea Costa, Olindo Guerrini (Lorenzo Stecchetti), Alfredo Oriani, Vittorio Imbriani, Tommaso Cannizzaro, Gian Pietro Lucini.

IX. - I PARODISTI
Giovanni Visconti Venosta, Olindo Guerrini-Corrado Ricci, Ferdinando Incarriga.

X. - LA SCUOLA ROMANA E LA CONTRORIFORMA CLASSICA
Luigi Lézzani, Luigi Celli, Achille Monti, Ignazio Ciampi, Fabio Nannarelli, Paolo Emilio Castagnola, Giambattista Macari, Giuseppe Maccari, Pietro Cossa, Raffaele Salustri, Ettore Novelli, Domenico Gnoli.

XI. - TOSCANI E ROMAGNOLI INTORNO AL CARDUCCI
Francesco Donati, Narciso Feliciano Pelosini, Giovanni Procacci, Enrico Nencioni, Giuseppe Chiarini, Giacinto Ricci Signorini, Severino Ferrari, Adolfo Borgognoni, Alberto Rondani, Giuseppe Picciòla, Luigi Pinelli, Edoardo Scarfoglio.

 
 
 
 
 
 
VOLUME QUARTO - DA UN SECOLO ALL'ALTRO

XII. - INFLUSSI E SPIRITI VARII NEL TRAMONTO DELL'OTTOCENTO E NEI PRIMI ANNI DEL NOVECENTO
Grazia Pierantoni Mancini, Edmondo De Amicis, Maria Alinda Brunamonti Bonacci, Ettore Botteghi, Aurelio Ugolini, Enrico Panzacchi, Luigi Conforti, Carmelo Errico, Francesco Saverio Tozzi, Vittoria Aganoor Pompilj, Sebastiano Satta, Arturo Graf, Giovanni Cena, Giuseppe Giacosa, Antonio Fogazzaro, Arturo Colautti, Giovanni Rizzi, Riccardo Pìtteri, Edoardo Giacomo Boner, Luigi Capuana, Luisa Giaconi, Nicola Marchese, Anna Radius Zuccari (Neera), Luigi Arnaldo Vassallo (Gandolin).

XIII. - FRA DUE SECOLI
Ferdinando Martini, Giovanni Marradi, Cesario Testa (Papillunculus), Corrado Corradino, Mercurino Sappa, Ettore Sanfelice, Luisa Anzoletti, Ceccardo Roccatagliata Ceccardi, Giuseppe Manni, Giulio Salvadori, Adolfo De Bosis, Giovanni Alfredo Cesareo, Carlo Baravalle (Atanasio Buonsenso), Rachele Botti Binda, Ugo Fleres, Giulio Gianelli, Vittore Vittori, Guglielmo Felice Damiani, Emilio De Marchi, Guido Mazzoni, Giuseppe Chiovenda, Luigi Pirandello, Grazia Deledda, Giovanni Bertachi, Annie Vivanti, Ada Negri, Angelo Orvieto.

domenica 28 ottobre 2012

Il cigno nella poesia italiana decadente e simbolista

Simbolo tra i più antichi della storia dell'umanità, il cigno rappresenta la perfezione, vista anche la bellezza e l'eleganza che possiede l'uccello. A tal proposito è significativa la leggenda risalente alla mitologia greca secondo la quale Giove si mutò in cigno per sedurre Leda. Ma il cigno è anche simbolo di nascita, di nobiltà (specialmente in Gran Bretagna), di purezza (per i cristiani) e di morte. In quest'ultimo caso è d'uopo ricordare un'altra leggenda, quella del "Canto del Cigno", che vede l'uccello, in procinto di morire, intonare un canto melodioso. Nei poeti decadenti e simbolisti l'animale assume un po' tutte queste simbologie e viene spesso inserito in un contesto favolistico, insieme ad altre figure (come quella del pavone) che compongono il repertorio della poesia liberty d'inizio Novecento.
 

 
Poesie sull'argomento


Mario Adobati: "I cigni e la rena" in "I cipressi e le sorgenti" (1919).
Enrico Cavacchioli: "I cigni" in "Le ranocchie turchine" (1908).
Federico De Maria: "Il Cigno" in "Voci" (1903).
Giuliano Donati Pétteni: "I cigni" in "Intimità" (1926).
Augusto Garsia: "Il canto del cigno" in "Opposte voci" (1921).
Giacomo Gigli: "Riflessi" in "Maggiolata" (1904).
Corrado Govoni: "I cigni" in "Le fiale" (1903).
Arturo Graf: "Il canto del cigno" in "Medusa" (1890).
Ettore Moschino: "Il cigno" in "I Lauri" (1908).
Giovanni Pascoli: "Il transito" in "Primi Poemetti" (1904).
Aurelio Ugolini: "Ninfee e cigni" in "Viburna" (1908).
Teofilo Valenti: "L'isola dei cigni" in "Le Visioni" (1906).
 
 

Testi

RIFLESSI
di Giacomo Gigli

Come nel cielo di maggio limpido
piccola bianca nuvola,
tranquillo vagola il cigno candido
per l'acqua cheta, immobile;

Talor col becco giallo le morbide
piume del dorso tergesi,
talora immerge ratto la piccola
testa piegando l'agile

collo, talora tutto riscotesi,
preso come da un brivido:
le penne bianche riflessi tremuli
ànno, bagliori argentei.

Entro lo specchio terso del liquido,
intera in ogni margine,
dritta, del cigno la pura imagine:
e, insieme al cigno, gli esili

rami spioventi dei lunghi salici
- i salici davidici -,
pietre muscose cui veste l'edera,
muse paradisiache.

Da un ramo stanco gialla staccatasi,
or bacia l'acqua un'arida
foglia: or nel placido lago ella mirasi:
sull'acqua corre un fremito:

- Quali invisibili fate sospirano?
tutto ritorna immobile:
il cigno guata con l'occhio stupido:
un pettirosso spittina.

(Da "Maggiolata")

mercoledì 24 ottobre 2012

Da "Il deserto dei Tartari" di Dino Buzzati

Fino allora egli era avanzato per la spensierata età della prima giovinezza, una strada che da bambini sembra infinita, dove gli anni scorrono lenti e con passo lieve, così che nessuno nota la loro partenza. Si cammina placidamente, guardandosi con curiosità attorno, non c'è proprio bisogno di affrettarsi, nessuno preme di dietro e nessuno ci aspetta, anche i compagni procedono senza pensieri, fermandosi spesso a scherzare. Dalle case, sulle porte, la gente grande saluta benigna, e fa cenno indicando l'orizzonte con sorrisi di intesa; così il cuore comincia a battere per eroici e teneri desideri, si assapora la vigilia delle cose meravigliose che si attendono più avanti; ancora non si vedono, no, ma è certo, assolutamente certo che un giorno ci arriveremo.
Ancora molto? No, basta attraversare quel fiume laggiù in fondo, oltrepassare quelle verdi colline. O non si è per caso già arrivati? Non sono forse questi alberi, questi prati, questa bianca casa quello che cercavamo? Per qualche istante si ha l'impressione di sì e ci si vorrebbe fermare. Poi si sente dire che il meglio è più avanti e si riprende senza affanno la strada.
Così si continua il cammino in una attesa fiduciosa e le giornate sono lunghe e tranquille, il sole risplende alto nel cielo e sembra non abbia mai voglia di calare al tramonto.
Ma a un certo punto, quasi istintivamente, ci si volta indietro e si vede che un cancello è stato sprangato alle spalle nostre, chiudendo la via del ritorno. Allora si sente che qualche cosa è cambiato, il sole non sembra più immobile ma si sposta rapidamente, ahimè, non si fa tempo a fissarlo che già precipita verso il confine dell'orizzonte, ci si accorge che le nubi non ristagnano più nei golfi azzurri del cielo ma fuggono accavallandosi l'una sull' altra, tanto è il loro affanno; si capisce che il tempo passa e che la strada un giorno dovrà pur finire.
Chiudono a un certo punto alle nostre spalle un pesante cancello, lo rinserrano con velocità fulminea e non si fa tempo a tornare. Ma Giovanni Drogo in quel momento dormiva ignaro e sorrideva nel sonno come fanno i bambini.

(Da "Il deserto dei Tartari" di Dino Buzzati, Mondadori, Milano 1996, cap. VI, pp. 46-48)


lunedì 22 ottobre 2012

Poeti dimenticati: Vittoria Aganoor Pompilj

Vittoria Aganoor Pompilj (Padova 1855 - Roma 1910), scrittrice di origine armena, fu allieva dei poeti Giacomo Zanella ed Enrico Nencioni. Nelle sue poesie, pubblicate in età matura, si nota l'influenza di poeti italiani e francesi del secondo Ottocento, tra i quali anche domenico Gnoli, col quale ebbe una relazione amorosa; proprio il tema dell'amore infelice predomina nella sua prima raccolta: "Leggenda eterna" (1900), cui seguì "Nuove liriche" (1908). La Aganoor morì prematuramente dopo un intervento chirurgico e a causa del dolore provato per la sua scomparsa, il marito Guido Pompilj, famoso giurista e uomo politico, si uccise. L'intera opera in versi della poetessa veneta fu pubblicata postuma nel 1912 col titolo "Poesie complete".
 
 
Opere poetiche

"La leggenda eterna", Treves, Milano 1900.
"Nuove liriche", Nuova Antologia, Roma 1908.
"Poesie complete", Le Monnier, Firenze 1912.
 
 
Presenze in antologie
"Dai nostri poeti viventi", 3° edizione, a cura di Eugenia Levi, Lumachi, Firenze 1903 (pp. 1-11).
"I Poeti Italiani del secolo XIX", a cura di Raffaello Barbiera, Treves, Milano 1913 (pp. 1310-1313).
"Antologia della lirica italiana", a cura di Angelo Ottolini, R. Caddeo & C., Milano 1923 (pp. 252-253).
"La fiorita francescana", a cura di Tommaso Nediani, Istituto italiano d'arti grafiche, Bergamo 1926 (p. 257, 360).
"Antologia della lirica contemporanea dal Carducci al 1940", a cura di Enrico M. Fusco, SEI, Torino 1947 (pp. 311-313).
"Antologia della lirica italiana. Ottocento e Novecento", nuova edizione, a cura di Carlo Culcasi, Garzanti, Milano 1947 (pp. 144-146).
"La lirica moderna", a cura di Francesco Pedrina, Trevisini, Milano 1951 (pp. 429-437).
"Poetesse del Novecento", a cura di Giovanni Scheiwiller, All’insegna del pesce d’oro, Milano 1951.
"I poeti minori dell'Ottocento", a cura di Ettore Janni, Rizzoli, Milano 1955-1958 (vol. IV, pp. 62-70).
"Poeti minori del secondo Ottocento italiano", a cura di Angelo Romanò, Guanda, Bologna 1955 (pp. 316-319).
"Un secolo di poesia", a cura di Giovanni Alfonso Pellegrinetti, Petrini, Torino 1957 (pp. 286-288).
"Poeti minori dell'Ottocento", Tomo I, a cura di Luigi Baldacci, Ricciardi, Napoli-Milano 1958 (1173-1182).
"L'antologia dei poeti italiani dell'ultimo secolo", a cura di Giuseppe Ravegnani e Giovanni Titta Rosa, Martello, Milano 1963 (pp. 89-94).
"Poeti minori dell'Ottocento italiano", a cura di Ferruccio Ulivi, Vallardi, Milano 1963 (pp. 629-638).
"La poesia femminile del '900", a cura di Gaetano Salveti, Edizioni del Sestante, Padova 1964 (pp. 243-252).
"Poeti simbolisti e liberty in Italia", a cura di Glauco Viazzi e Vanni Scheiwiller, Scheiwiller, Milano 1967-1972 (vol. 2, pp. 21-24).
"Secondo Ottocento", a cura di Luigi Baldacci, Zanichelli, Bologna 1969 (pp. 120-1213).
"Poesia italiana dell'Ottocento", a cura di Maurizio Cucchi, Garzanti, Milano 1978 (pp. 454-458).
"Poeti del riflusso", a cura di Rina Gagliardi, Savelli, Roma 1979 (p. 113).
"Bizantini e decadenti nell'Italia umbertina", a cura di Elsa Sormani, Laterza, Bari 1981 (pp. 243-248).
"Scrittrici d'Italia", a cura di Alma Forlani e Marta Savini, Newton Compton, Roma 1991 (pp. 181-184).
"Otto secoli di poesia italiana", a cura di Giacinto Spagnoletti, Newton Compton, Roma 1993 (pp. 553-555).
"Poesia religiosa italiana", a cura di Ferruccio Ulivi e Marta Savini, Piemme, Casale Monferrato 1994 (pp. 571-572).
"Poesia italiana 1224-1961. Un'Antologia", a cura di Antonio Carlo Ponti, Guerra, Perugia 1996 (pp. 173-174).
"Antologia illustrata della poesia", a cura di Elvira Marinelli, Giunti, Firenze 2001 (p. 358).
 

 
Testi
L'AVE

Alfine, alfine! ecco tutte
le cose tacciono; il mondo
tace. Regina o schiava
qual mi vuoi abbimi! è questo
il momento, per questo
l'universo aspettava.

Certo aspettava da cento
secoli, e tutti chiedeano:
— Che attende? E perchè questa
tenace estasi, e tanto
accendersi di stelle
come faci a una festa?

Ecco la febbre dell'ora,
scote di palpiti novi
le Pleiadi e nel vento
passa l'annuncio... O mio amore,
unico amore, udisti
l'Ave del firmamento?

( Da "Leggenda eterna" )
 


 

venerdì 19 ottobre 2012

La nera solitudine

La nera solitudine alla nera
solitudine;- il sogno alto al profondo
pensier;- la sera che è triste, alla sera
che piange; - al mondo infranto, il bieco mondo.







È una delle poesie più brevi di Giovanni Camerana (1845-1905), poeta della scapigliatura che non volle mai pubblicare i suoi versi perchè ritenuti incompatibili col suo mestiere di magistrato e che quindi uscirono postumi a partire dal 1907. Qui si possono leggere quattro concetti a cui il poeta affianca, come se fosse un'operazione di matematica, altrettanti concetti: i primi due sono identici e la solitudine viene aggettivata col colore più fosco e lugubre: il nero, ne seguono due che potrebbero definirsi nobili e idealitari; gli altri, riferiti alla sera triste e piangente, e al mondo infranto e bieco, si rifanno alla iniziale "nera solitudine" ed esprimono, nell'insieme, quello "spleen" baudleriano che spesso ha caratterizzato i versi dei seguaci della poesia simbolista, come fu anche Camerana.


martedì 16 ottobre 2012

Il castello e la torre nella poesia italiana decadente e simbolista

Non è frequente (se si esclude qualche caso) la presenza di castelli e di torri nelle poesie dei decadenti e dei simbolisti italiani, ma, quando c'è, in genere vuole indicare una chiusura, un arroccamento del poeta nei confronti di una società non solo ostile, ma anche incapace di comprendere od apprezzare l'opera artistica e in particolare i versi. Succede, nel caso di alcune poesie di Palazzeschi, che la scena si svolga all'esterno del castello, dove una folla guarda l'edificio con curiosità inaudita, poiché dentro di esso si narra accadano fatti incredibili; da qui si capisce che il castello (o la torre) rappresenta un luogo misterioso e inarrivabile, dove vive un'umanità spesso mitizzata fino all'inverosimile. A proposito della torre, inserita insieme al castello perché, come è evidente, quasi sempre fa parte di esso, c'è da notare che in alcuni versi si fa chiaro riferimento alla famosa "torre d'avorio", ovvero un luogo protetto e inaccessibile dove l'intellettuale si chiude per rimanere in aristocratico isolamento dal resto del mondo; altre volte essa s'identifica col sogno (si legga "La torre dei sogni" di Alessandro Giribaldi) in quanto la sua altezza permette al poeta di avvicinarsi maggiormente al cielo e, di conseguenza, all'universo, ovvero d'immergersi nel non-conosciuto o nell'inconscio.




Poesie sull’argomento

Antonio Beltramelli: "I due castelli" in "I Canti di Faunus" (1908).
Francesco Cimmino: "Su l'altura" in «La Settimana», maggio 1902.

Giuliano Donati Pétteni: "La melodia delle sette torri" in "Intimità" (1926).
Emilio Girardini: "In un castello" in "Chordae cordis" (1920).
Alessandro Giribaldi: "La torre dei sogni" in "I canti del prigioniero e altre liriche" (1940).
Corrado Govoni: "Il castello del Loengrino", "Il castello di Ofelia" e "La torre" in "Poesie elettriche" (1911).
Giuseppe Lipparini: "Il castello" in "Lo specchio delle rose" (1898).
Giuseppe Lipparini: "La torre" in "Poemi ed elegie" (1908).
Aldo Palazzeschi: "Il castello dei fantocci" in "I cavalli bianchi" (1905).
Aldo Palazzeschi: "Torre burla" in "Lanterna" (1907).
Aldo Palazzeschi: "Il mio castello e il mio cervello" in "L'incendiario" (1910).

 
 
Testi
SU L’ ALTURA
Di Francesco Cimmino

Nel silenzio della notte,
Quando via per l'aria scura
I fantasmi vanno in frotte
Seminando la paura,
S'odon voci cupe e rotte
Risonar sovra l'altura
Su cui sorge nel mistero
II castello antico e nero.

Là, una lampa fioca in pria
Or si spegne, or si raccende;
Poi, fra l'ombre della via,
Col suo rosso lume splende:
Chi da l'alto i campi spia ?
Forse è alcun che un altro attende
Ed un caro nome, invano,
Forse invoca di lontano ?

E quel lume triste e fìoco
Divampar si vede aifine:
V'è un baglior come di foco
Del Castel fra le rovine;
E già s'ode a poco a poco
Risonar su le colline,
In quell'aer fosco e muto,
Il lamento d'un liuto:

«Dama bionda, o mio tesoro,
A le mie tristezze amare
Tu sei l'unico ristoro:
Occhi azzurri come il mare,
Trecce bionde come l'oro
Che mi fate sospirare,
Voi sol bramo: solo in voi
Pose amor gl'incanti suoi!»

Poi, più nulla: nel mistero
Che ogni cosa intorno asconde.
Con quel canto lusinghiero,
Suon di baci si confonde;
Ma, ad un tratto, in sul sentiero
Fragor d'armi ecco risponde;
Fin che, in alto, non si sente
Che il singulto d'un morente...

Spunta il sol: fìn le secrete
Valli irradia il novo giorno;
Là son plaghe amene e liete,
Qui di fiori è un campo adorno:
Come un senso di quiete
Al castello spira intorno;
Ed un passero cinguetta:
Oh, che notte maledetta!


(Da «La Settimana», maggio 1902)

domenica 14 ottobre 2012

Poeti dimenticati: Lorenzo Giusso

Lorenzo Giusso (Napoli 1899 - Roma 1957) nacque da una famiglia nobile e colta che molto contribuì alla sua formazione culturale. Dopo il conseguimento della laurea si interessò principalmente di filosofia ma non disdegnò la pratica di altre discipline, tra le quali la poesia. Giusso pubblicò alcune raccolte di versi in cui mostra una certa simpatia per le tematiche dei decadenti e dei crepuscolari, ma in alcuni casi si avvertono anche elementi rientranti nella poetica leopardiana.


 
Opere poetiche
"Musica in piazza", Editrice Tirrena, Napoli 1930.
"Don Giovanni ammalato", A. Guida, Napoli 1932.
"Cadenze di Sigismondo nella torre", Guanda, Modena 1939.
"Elegie del torso della saggezza mutilata", Corbaccio, Milano 1941.
 


 
Testi

NON SEI UN AUDACE

II
Sognavi essere un duca refrattario,
posato sopra i lombi gentilizi
d'un cavallo dagl'impeti fittizi
crudele tracotante autoritario.

Bandito dalla Corte, solitario,
processato per mille orrendi vizi
agli occhi delle dame i malefizi
t'ornavan d'uno stupro leggendario.

Sanguinario dandy dal busto snello,
trascorrevi spavaldo le osterie
fustigando i borghesi intimiditi.

Così passavi i giorni isteriliti
tra risse ed orgie. Un dì le artiglierie
abbattevano al suolo il tuo castello.

(Da "Musica in piazza")