domenica 16 ottobre 2016

Versi de l'autunno (parte I)

...Ed anche quest'anno è tornato l'autunno (mai così colmo di solitudine e sconforto), e con lui son tornate le piogge, le giornate sempre più fredde, le prime foglie secche sulle strade. Dopo un mite settembre, da più di due settimane è ottobre; quindi arriverà novembre che coprirà ogni cosa di tristezza e di pianto. La città eterna è in uno stato di agonia: la periferia è sempre più degradata, abbandonata, squallida; per le strade le automobili corrono all'impazzata di qua e di là; c'è chi sfoga la rabbia in turpiloqui e volgarità di ogni tipo; le persone si affollano in luoghi dove vigono le regole del denaro, del vizio, della vanità e dell'apparenza; si discute di politica, di calcio, di problemi sociali che, probabilmente, non verranno mai risolti. E le malinconie che nascono dall'ingiallirsi e, quindi, dal cadere delle foglie dagli alberi? E la tristezza delle giornate grigie, piovose, tetre che si succedono in questo periodo dell'anno? E i primi freddi che gelano il corpo e l'anima causando una disperazione senza scampo? Non esistono più, o non fanno più parte degli interessi umani. Non resta, quindi, per coloro che non si sentono figli dei propri tempi, che aggrapparsi ai ricordi e, una volta di più, andare a cercare nel passato remoto, versi di poeti che cantavano l'autunno. Versi come questi.




MARINA
di Guido Ruberti

Ciel rosso. Ciel di settembre.
Ambra e porpora fina
fusi in un tono velato.
Pianura coverta di brina
che sotto il sole rifulge
siccome ondeggiante broccato.

Colori di chiara ametista.
Schiume di fina batista
ornata di candide trine.
Nuvole su l'orizzonte
come su pallida fronte
da le pupille divine.

Niun grido pel mare enorme:
niuna barca che vada
o volo di uccello che cada:
nessuna terra lontana,
o traccia o vestigia umana.
L'azzurra distesa si addorme.

Silenzio. Pace tranquilla.
Mormora il soffio leggero
un canto di lene riposo:
ne l'alto l'Orsa scintilla.
Autunno! Cielo oblioso.
Silenzio. Pace tranquilla.

(Da "Le fiaccole", 1905)




DALLA MIA FINESTRA A CASTELVECCHIO
di Maria Pascoli

Tra il fumo di nebbie leggiere
tra un aureo titinno di voci
cominciano gialle a cadere
le foglie dei pioppi e dei noci.

Nell’aria s’indugiano un poco
cullate dal vento. In suo corso
sott’esse scivola roco
il rivo ch’è detto dell’Orso,

e pare che chiami che chiami
col roco suo ansare. Pian piano
le foglie vi calano a sciami
e vanno con esso lontano.

Ma dove? ma dove? La belva
che seco vi porta, oh quassù,
qui presso la placida selva
non vi ricondurrà mai più.

Un mattino di Settembre 1899

(Inedita)




TERZINE AUTUNNALI
di Angiolo Orvieto

Domani, autunno, i fiori
più soavi e dolenti,
ch'io le sue chiome infiori:

domani i tuoi lamenti,
Chopin, che le sue piaghe
io con dolcezza tenti.

Forse erano presaghe
le tue meste parole,
le tue paure vaghe?

Le morenti viole
e le pallide rose
in un languido sole

amavi. Chi ti pose
nel cuor la passione
delle soffrenti cose?

Lenta consolazione
or, miseria, t'appresta
la pallida stagione.

Vieni: la bionda testa
solleva; il cielo è pieno
d'una gran pace mesta:

pel vitreo sereno
cadon le foglie morte,
ogni canto vien meno:

paiono insieme assorte
in un sogno supremo
e la vita e la morte.

Vieni: noi sogneremo
gli antichi sogni, cinti
di un nuovo velo estremo;

noi sogneremo, vinti
dalla sorte fatale,
il sogno degli estinti,

il bel sogno immortale.

(Da "La Sposa Mistica. Il Velo di Maya", 1898)




RIMPIANTI
di Clarice Tartufari

I lampi guizzan tra le foglie morte,
Corre pel bosco un timido lamento,
Rimbomba cupo il tuono, e le contorte
Querce ribelli lottano col vento.

Dell'ombra il fosco vel copre le smorte
Opache forme, e l'ampia vasca, in lento
Ritmo gemendo, esala per le accorte
Bocche canore l'intimo tormento.

«Vien l'autunno» voi dite ed un sottile
Tremor mi scuote e penso che più mai
Rifiorirà per me tepido aprile.

«Vien la sera» voi dite. «Ancora un giorno,
Un altro giorno è andato» io penso «ed, ahi!
Per me l'alba del cor non ha ritorno!»

(Da "Vespri di maggio", 1897)




SONETTO ALL'AUTUNNO
di Mario Zarlatti

Ieri l'Estate; oggi le dipartite
tristi d'Autunno, i vesperi malati,
e i vostri canti sono un po' velati,
Amante bionda di rose sfiorite.

Non valgon queste sete alte, sbiadite
de l'alcova, né i seni profumati,
o incensiere dei sette peccati,
questi tramonti carichi d'ofite.

Lasciate che in un canto senza rime
canti le perle de la giarettiera,
pallide come le stelle d'Autunno.

Lasciate che in un fremito sublime
canti il comiato de la Primavera,
e questo pianto giallo de l'Autunno.

(Da «Giornale d'Arte», 1904)




AUTUNNALE
di Diego Valeri

Il sole, il più pallido sole,
fiorisce d'un biondo chiaror d'illusione
le zolle più aspre e più sole.

Il cuore, il più povero cuore,
sorride con tenero trepido amore
al suo più dolente dolore.

È l'ora delle soavi disperazioni.
È l'ora delle profonde rassegnazioni.
È l'ora delle inattese consolazioni.

L'ora del dolce morire, anima mia.
           Così sia.

(Da "Crisalide", 1919)




ELEGIA AUTUNNALE
di Mario Venditti

Ricordo (una camera ardente
è ciò che ricordo): una grande
fiorita di gigli e ghirlande
vegliata da trepidi ceri
lacrimanti nei candelieri;
e il ritmo dell'indifferente
rosario d'un gruppo di suore,
che a preci alternava sbadigli;
e l'indefinibile odore
che l'afa stillava dai gigli.

Ricordo. E l'aroma ottobrale
che insensibilmente s'espande
per questa fiorita d'aiuole
vegliata dall'ultimo sole
e dalla cadenza lontana
dell'abituale campana
mi pare che sia tale quale
l'odore di quelle ghirlande.

(Da "Il terzetto", 1911)




AUTUNNO
di Marco Lessona

Lascia ch'io posi sulla tua
spalla la testa
e pensiamo il passato,
il nostro dolce passato.
Non vedi come sfioriscono
l'ultime rose nel giardino?
Non senti là, nel viale,
il cader lento delle foglie
degli ippocastani?
                           Pensiamo
il nostro dolore passato.
Pur nel silenzio
si parlano i cuori. La intendi,
la intendi, o cara,
l'anima mia, che ti dice:
È vero che quaggiù
tutto finisce? È vero
che quel che è stato non torna più?

(Da "Versi liberi", 1920)




PRIMIZIE AUTUNNALI
di Enzo Marcellusi

I primi venti... I primi freddi... Le prime stille
bige sui curvi frassini. Entro le tue pupille,

mia dolce creatura, il primo, lungo tedio.
Eh! il poeta è dannato a rifar l'epicedio

dell'estate defunta, a ripetere l'eterna cantilena
delle rose disfatte: «La vita è una catena

di menzogne». Oggi, vento. Passano, immense rondini,
alte nubi. Ecco, migrano. A vespro, sulle gronde,

la pioggia canterà. Dormiremo. Sotto le
coltri rigate. Brr... Diremo le parole,

che odoran di tristezza. Sorrisi, con un po'
di pianto! Accennerai qualche verso di Hugo:

«Aimer c'est savourer, aux bras d'un être cher,
La quantité de ciel que Dieu mit dans la chair».

Passano grandi nuvole. Io le guardo passare.
Scendono giù, dai monti. Si sfioccano sul mare!

Lotta delle impalpabili, sui monti, sul mare!
Starei, tutta la vita, a guardare, a guardare...

Per questo cielo incerto se piovere o far vento,
non darei della terra intera il reggimento;

né pur se da un cielo che non vedo, e non vedi,
le più belle Madonne mi cadessero ai piedi.

(Da "I canti violetti", 1913)




BALLATA LXXV
di Nicola Marchese

Tu che tante passare anime hai scorte,
e che memore sei d'ogni vestigio;
tu che un vivo hai nel grande occhio tuo grigio
specchio al profilo delle cose morte;

tu, Ottobre, insegna. Ed il perspicuo gesto,
alto accennando, alle pupille inani
qualche dell'infinito orma riveli.
O la trama dirada ond'è contesto
il sudario dei cieli antelucani,
e il pulviscolo d'oro onde tu veli
gli occidui roghi. All'anima, pei cieli,
nella prima od estrema ora del giorno,
s'apra così la via del suo ritorno,
soleggiata dagli occhi della Morte.

(Da "Le liriche", 1911)




LE RICORDANZE
di Emanuele Sella

O astranzie rilucenti come argento
ne la rada pruigine dei fieni,
che convergete al suol vinte dai leni
soffi più leni di autunnale vento,

oggi l'ottobre pénetra nei seni
de le colline; il caldo raggio è spento
del sol che in cielo temperò i baleni
fervidi di un giorno che mettean sgomento.

Voi siete come stelle sopra un mare,
(la vita è un mare e lungi son le sponde)
ed io vi sto pensoso a riguardare.

Del mar m'affanno per toccar le rive:
(galleggiano i ricordi sopra le onde
del mio passato come stelle vive).

(Da "Questo è sogno", 1900)




MATTINO D'OTTOBRE
di Piero Muzio

Sono le foglie d'oro entro la bruma
gli aurei riflessi de le morte aurore?
o son gli aurei riflessi del mio cuore
che in un desio di luce si consuma?

Pregan le cose, le mie dolci amiche
che videro i miei anni giovenili
andar pensosi per viuzze apriche,
pregano al vate rifiorenti aprili.

Rompe le nebbie il sole, ecco, e le spazza,
e saettano i raggi e le scintille;
sfoggia i suoi diamanti a mille a mille
sovra l'erbe e su gli alberi la guazza.

(Da "L'anima e le cose", 1914)




SERA AMICA
di Francesco Gaeta

Sera stellante, sera cristallina,
or che l'autunno sul mondo cala!
Inconsolata canta a l'ottobrina
aria, tra l'erba, qualche cicala.

Su su per la viottola, a distanza,
d'avvinazzati ci segue un coro:
piove a noi molle, piove la fragranza
de i rifiorenti nespoli a loro.

Lasciamoli passar, senza disgusto
— tanto, stasera, tutto è carezza —;
mentr'io presso le guance il boa ti aggiusto,
che un po' gelate rende la brezza.

Oh la povera cosa che tu sei,
e che, stasera, più mi appartiene!
Come, qui stesso, m'inginocchierei!
O cara, quanto ti voglio bene!

(Da "Poesie d'amore", 1920)




SULLA SPIAGGIA DI RIMINI
di Giacinto Ricci Signorini

Tutto sparì: della letizia antica
non un ricordo sul deserto lido;
pur quest'arena, ove io stanco m'assido,
fu di speranze e fu di sogni amica.

Tutto è passato: grave calma implìca
il cielo e il mare; non un volo o un grido:
l'anima guarda quel silenzio infido
come fiaccata da una gran fatica.

Declina il sole torbido ed il vento
di foglie gialle i bei viali insozza,
scuote le piante prive di virtù.

Ahi! passa l'ora piena di sgomento
e abbatte i cuori: e il mare, il mar singhiozza
com'uom che pianga la sua gioventù.

(Da "Poesie e prose", 1903)




LA PIOGGIA. SOLLIEVO
di Luigi Donati

Piove d'ottobre sulle scabre zolle
di grappoli e biade già spoglie;
qui, al piano; la, sul colle.

Sia benedetto il pianto
che gl'intimi affanni ristora;
benedetto se mitiga le doglie
di chi pur dopo lunga età l'implora;
e agli uomini sia sacrosanto,
se un cupo astio discioglie
e in uno schianto amor da un odio estolle.

(Da "Consolatio afflictorum", 1899)




PIOGGIA D'OTTOBRE
di Guelfo Civinini

Mormorano le gronde
nella piccola corte
sovra le foglie morte
canzoni moribonde.

Il cuore si nasconde:
ha chiuso le sue porte,
pensa le foglie morte,
ascolta e non risponde.

Batte l'acqua tenace
un' alberella grama,
altre foglie van giù:

un buon sogno di pace
il cuor stanco ricama
nel ciel grigio, lassù.

(Da "I sentieri e le nuvole", 1911)




SERA AUTUNNALE
di Corrado Govoni

Oh i monotoni i lunghi sibili
che fa il vento tra le vetrate
contro cui chinano le teste scolorate
i miei poveri fiori inguaribili!

È l'autunno dai freddi lunghi e penetranti,
è la fine del sole caldo sulle soglie,
è la livida morte delle foglie,
è la triste stagion dei camposanti!

Nell'orto, sotto l'acquerugiola tetra,
come palle di roseo sapone
lustrano i pomi; una bianca statua in disgregazione
sta raccolta in disparte su un sedil di pietra.

Come nebbia di sogno lenta verso i piani
fluttua l'anima dell'autunno nella sera oscura
dall'antico giardino ove matura
la gentile anarchia dei melograni.

(Da "Poesie elettriche", 1911)




SONETTO D'AUTUNNO
di Sergio Corazzini

Foglie e speranze senza tregua, foglie
e speranze; non hanno rami e cuori
cadute eguali allor che i primi ori
Autunno triste su la terra accoglie?

L’anima poi che nell’audaci voglie
si disfece con gli ultimi rossori
della sua giovinezza, in foglie e fiori
malinconicamente si discioglie.

E resta il cuore e resta il ramo: soli
sospiranti in un intimo richiamo
la rossa estate e il suo vivere corto.

Ma se tornino i buoni e dolci soli
primaverili, rinverranno il ramo
pien di speranza e il cuore, invece, morto.

(Da "L'amaro calice", 1905)




AUTUNNO
di Umberto Saba

Quanta malinconia di foglie morte
nei deserti viali,
dove tutte appassirono le frali
gioie che al sogno mio dava la sorte!
Oh, una malinconia grande, infinita
quasi, un dolor d'ogni gioia più forte,
che ben sa la mia vita,
simile all'ingiallita
foglia, ad un buio di giorni autunnali.

(Da "Canzoniere", 1921)




RIME DE L'AUTUNNO
di Umberto Bottone

Questi viali dove spargo il mio
buon sangue, sorellina, ò già percorsi;
a questa fonte bevvi a lenti sorsi
specchiandomi nel vago tremolio.

Quest'agave, sorella, ò già odorato
con voluttà, sì come odoro i bianchi
ceri del tempio, quando sono stanchi
per aver tutto il giorno lacrimato.

E seppi ancora i mille incantamenti
de le corse morenti e de le morte,
mi aprì già il sole tutte le sue porte
e la luna l'impero degli argenti.

Questi salici, questi derelitti
salici, senza ormai lacrime più,
mi furono compagni, e il buon Gesù
che ci guarda co' suoi grandi occhi afflitti.

Un giorno ebbe una lampada votiva
ne la chiesola adesso diroccata,
e una lunga preghiera gli ò cantata
quando sentivo il cuor che mi moriva.

Sorella, piangi? Forse ti fa male
il mio male? Ti prende la tristezza
de l'autunno? La nostra tenerezza,
o dimmi non è uguale, non è uguale?

Forse ti prende la malinconia
dei ricordi? Ripensi forse al dolce
passato? Dimmi, il tuo dolor non molce,
amica, la mia buona compagnia?

Vano è il ricordo!... Tutto è morto, tutto
dovea morire con le moriture
cose. Le nostre giovinezze pure
glorifichiamo in un sereno lutto.

Ecco, avanza la nostra ultima sera,
e il crepuscolo fa da trovadore;
su, stringiamoci cuore sopra a cuore
sognando una lontana primavera.

(Da "Lumi d'argento", 1906)




COLIAMBI D'UN VECCHIO AUTUNNO
di Aurelio Ugolini

Ora l'autunno di luminosi e folti
tappeti adorna le ville. È un infinito
cader di foglie, foglie su foglie: quali
cullansi lievi come ali tronche in aria,
quali si levan frettolose labendo.
Così allorquando la dolce giovinezza
t'è via trascorsa lontano, ed hai varcata
la sessantina, dal vecchio cuor le vane
illusioni cadono e gli aurei sogni.
Allor ti senti sfuggire a poco a poco
la vita, e presso ti si scoperchia un'arca,
l'arca solinga dove, sciolti i ginocchi
e ritornato polvere, dormirai
in pace il sonno d'una perpetua notte.


(Da "Viburna", 1908)



Frederic Edwin Church, "Autumn"